Gli Emangloni
USANZE E COSTUMI
Quando un Emanglone respira male, gli altri preferiscono non lasciarlo più in vita. Poiché giudicano che non possa più raggiungere la vera gioia, per quanti sforzi faccia. Il malato non potrà, per via della simpatia naturale tra gli uomini, che diffondere disturbi nella respirazione di tutta la città.
Dunque, ma proprio senza alcuna collera, lo soffocano.
In campagna la gente va per le spicce, due o tre si mettono d'accordo, e una sera vanno da quello che respira male e lo soffocano.
Entrano nella capanna gridando: "Amici!" Avanzano, stringendosi l'uno all'altro con le mani tese. La cosa è presto fatta. Il malato non fa neanche in tempo a stupirsi veramente, che si ritrova strangolato da mani forti e ben decise, mani d'uomini che fanno il loro dovere. Poi questi se ne vanno tranquilli, e dicono a quelli che incontrano: "Sapete, tizio aveva un respiro così irregolare! ebbè, d'un tratto l'ha perso del tutto, mentre eravamo lì".
"Ah!" fanno gli altri, e così il villaggio ritrova la pace e la tranquillità.
Ma nelle città per soffocare la gente c'è una cerimonia, peraltro semplice, come si deve.
Per soffocare i malati, è scelta una bella ragazza vergine.
Gran cosa per lei, esser così chiamata al ponte tra la vita e la morte! La dolcezza con cui trapassano i sofferenti viene messa a suo credito. Aver fatto in modo che un malato si spenga dolcemente tra mani gradevoli, dicono, è un eccellente indizio di devozione verso i fanciulli, di carità verso i poveri, e di garanzia nella cura dei beni. La ragazza trova così più mariti del necessario, e le viene concesso di scegliersene uno da sé.
Il difficile sta nell'essere dolce e stringere forte nello stesso tempo.
Una ragazza civettuola non ce la farà mai, una brutale nemmeno. Occorrono delle qualità di fondo, una natura veramente femminile.
Ma che felicità quando la cosa riesce! E si possono ben capire le lacrime di gioia della ragazza, mentre gli astanti si congratulano con lei pieni di emozione! […]
(Henri Michaux, Altrove, traduzione e cura di Gianni Celati e Jean Talon, Macerata, Quodlibet, 2005, pagg. 21-22)