L’immagine in copertina (Santi di Tito, San Tommaso d’Aquino offre le sue opere al crocefisso, particolare) probabilmente non produce negli "occhi del cuore" del lettore una compiuta visione dei contenuti del volume, nitida e obiettiva quanto l’immagine segnalata nelle prime pagine dall’autrice. La fotografia, dal titolo Visioni, che ritrae un banchetto di melanzane sovrastato da un muro con affissi santini vari e l’immagine di un calciatore, collega «immagini sacre fortemente legate alla quotidianità di chi le ha raccolte alla visione, intesa come capacità di vedere con gli occhi del corpo e con quelli della mente e del cuore» (p. 9). Si tratta di un’immagine che, secondo Niccoli, potrebbe "sostituire" il volume stesso; ed è in questa affermazione, apparentemente sfoggio di retorica professio humilitatis, che possiamo leggere lo scopo della ricerca presentata dalla studiosa: la comprensione e la spiegazione della funzione (sostitutiva, di supporto, di origine) delle immagini sul pensiero, sulla cultura, sulla società. A questo proposito Niccoli propone, nella successione dei capitoli, un andamento cronologico, per cui l’analisi si produce a partire dal primo Medioevo fino a lambire le soglie dell’avanzata età moderna: Riforma luterana e Controriforma costituiscono l’oggetto degli ultimissimi capitoli. La ricchezza e puntualità degli esempi iconografici (consultabili nelle tavole all’interno del volume) e del pregiato materiale letterario, tratto da fonti d’archivio, agiografiche, processuali e popolari, non solo supportano e corredano le affermazioni della studiosa, ma rendono in qualche modo la tessitura del testo quasi materica, iconica, più facilmente assaporabile anche da un lettore non specializzato; mentre lo studioso, che dovrà necessariamente accorgersi di una prospettiva interdisciplinare, non mancherà di gustare i riferimenti ai classici dell’estetica e della storiografia dell’età moderna come Belting e Baxandall, Duffy e Firpo. Al centro del volume vi è l’atto del vedere. La visione delle immagini sacre, il rapporto degli uomini con esse e con la creazione di visiones che sono dapprima rappresentazioni mentali, poi vedute e meditate con gli "occhi del cuore", è il tema guida nonché la chiave ermeneutica del volume. Alcuni dei passaggi più notevoli si riconoscono nei piccoli nodi riassuntivi al termine dei capitoli. Dapprima Niccoli ci ricorda che sono le immagini sacre domestiche ad avere una capacità comunicativa tale da ritradursi in immagini mentali forti, linguaggio emotivo e esperienze mistiche. Alle immagini sacre, infatti, si chiedeva, tramite un rapporto di intimità, rassicurazione e conforto, come se avessero vita propria e conservassero, nel guardare e nell’essere guardate, parte del potere di coloro di cui erano effigie. Proprio a motivo di questo rapporto costante con le immagini, l’impatto sociale e la scelta fra le interpretazioni delle visiones che ne derivavano era legata, sia pure in modo scarsamente consapevole, a esigenze specifiche del gruppo che le vedeva. In seguito, però, lo scopo didattico ed educativo, di difesa e illustrazione della dottrina che venne assegnato alle pitture sacre dal Concilio di Trento e l’ossequio più formale loro riservato rendeva meno agevole il colloquio intimo con l’immagine. Lo schema culturale descritto inizialmente, che continuava a fare presa sul popolo, non si adattava più all’ideologia e alle strutture ecclesiastiche. Con l’avvento dell’età moderna, infatti, l’immagine può, a seconda dei casi, agevolare o contrapporsi alla visione, a volte, come nel caso delle mistiche Teresa d’Avila o Caterina da Siena, può persino esserne squalificata. Nel mondo riformato, infine, la distruzione delle immagini e l’accecamento delle stesse ha potente valore simbolico ed efficace, testimoniando ancora una volta, l’ultima all’interno di questo volume, il potere dello sguardo nella cultura umana.