La pubblicazione dell’antologia della poesia religiosa italiana curata da Ulivi e Savini (Poesia religiosa italiana. Dalle origini al Novecento, Piemme, Casale Monferrato, 1994) permette di accostarsi al meglio al modo in cui l’arte poetica “esprime i movimenti indecifrabili dello spirito”. Scorrendo l’indice del volume si dispiegano i nomi degli uomini e delle donne che hanno costituito il perno della tradizione letteraria italiana, pur con stili e ispirazioni differenziate. I curatori hanno dimostrato una grande fiducia nella comunicatività della parola e nella forza della poesia per umanizzare la terra. Si tratta di una iniziativa editoriale che vuole contraddire la scomparsa della poesia dal dibattito culturale e dall’interesse popolare, peraltro tenuto vivo fino a pochi anni fa anche dalla lettura televisiva di liriche e sonetti. Quale può essere l’ottica con cui affrontare questa antologia? Innanzi tutto bisogna rilevare che dopo lungo tempo la teologia e la letteratura tornano a intrecciare un dialogo, sollecitato da alcuni elementi: 1)il perenne interrogativo religioso che rimane presente anche nel mondo odierno e che è testimoniato da un ritorno di interesse per le figure angeliche, anche in campo cinematografico; 2) le indagini sui legami tra mistica ed estetica, oggetto di dibattiti che convengono sulla medesima intensità di linguaggio e capacità di vibrazioni; 3) la necessità di interpretare i testi sacri con i codici dell’arte e della letteratura; 4) una nuova lettura del Novecento, secolo attraversato da quella stessa inquietudine che caratterizza la religiosità. Ma quando dunque la poesia è religiosa? Non soltanto – risponde Pifano – quando parla di temi religiosi, ma quando la qualità estetica, la profondità d’ispirazione e il tormento creativo connotano i versi. Vi deve essere in primo luogo una poesia di qualità, che sarà anche definita religiosa se riporta “la dimensione del mistico, suggerisce le grandi domande, allude a Colui che manca, canta la Presenza eterna che conforta i pellegrini e gli abitatori del tempo”. Si può convenire allora che la poesia può colmare quella nostalgia d’infinito che alberga nel cuore di questo fine millennio e che la propria voce può far scomparire “l’aridità e il deserto” in tanti cuori.