Storico dell'arte, filosofo e antropologo delle immagini, Didi-Huberman in questa sua opera propone un modello interpretativo (teorico e temporale) che sia in grado di attuare quel rinnovamento della storia dell'arte a suo parere oggi necessario. A tal fine, egli prende le distanze dal credo panofskyano della «storia dell'arte come disciplina umanistica» e, sulle orme di Michel Foucault, desidera ripartire da un'«archeologia critica della storia dell'arte» per arrivare ad «aprire il metodo» storico-artistico. Il rinnovamento dello statuto, del metodo e del compito della storia dell'arte si compie infatti tramite una radicale «mutazione epistemologica», ovvero un rovesciamento prospettico grazie al quale la storia da punto fisso diviene serie di movimenti e lo storico da padrone della storia ne diventa il destinatario, e passa attraverso il recupero e l'attualizzazione del pensiero di quegli studiosi che, già nella Germania dei primi decenni del Novecento, teorizzarono e cercarono di mettere in pratica questo capovolgimento: Aby Warburg, Walter Benjamin e Carl Einstein. Pensatori indipendenti esclusi dal mondo accademico loro contemporaneo, questi autori condividono il fatto di aver posto l'immagine al centro della loro indagine storica e di essersi avvalsi di una nozione di tempo animata dalla «nozione operativa di anacronismo» e da quella psichica di inconscio. Il modello temporale da loro adottato per leggere e interpretare la storia culturale (fatto di sopravvivenze, ritorni, rimozioni, cesure e latenze) e alcune nozioni da loro coniate, come quella di immagini in quanto «energie attive e vitali», campi di forze risultanti di un'eterna polarità tra due elementi contrapposti ma dialetticamente conciliabili – quella di inconscio come oggetto storico e quella della storia dell'arte come «lotta», punto di vista allargato, antropologico e aperto su quel «campo di forme» informe e in continuo divenire che è l'arte – secondo Didi-Huberman sconvolgerebbero il metodo storico sostituendo alla concezione della storia come un semplice processo continuo e omogeneo quella più veritiera della storia come dinamica e variegata combinazione di differenti temporalità. Permetterebbero dunque di sostituire il modello interpretativo basato sulla consonanza «eucronica» degli eventi storici con un modello temporale fondato sul concetto di anacronismo. L'«immagine dialettica» di Benjamin, centro nevralgico della «vita storica», costituisce in questo contesto il modello del modello: il punto di partenza per una nuova e più complessa definizione della disciplina storica come «sapere in movimento» e del passato non come fatto oggettivo ma come «fatto di memoria», psichicamente (e inconsciamente) connotato.