La schizofrenia è testo centrale nell’opera di Minkowski. Pubblicato per la prima volta nel 1957, in certo qual modo conclude il lavoro iniziato con Il tempo vissuto (1933) e Vers une cosmologie (1936) e prepara la redazione del Trattato di psicopatologia (1966). Il problema che per primo si pone è quello di comprendere la reale portata della definizione di schizofrenia data da Bleuler. E non si tratta di un problema di poco conto poiché già nel passaggio dalla diagnosi di dementia praecox a quella di schizofrenia si assiste a un profondo mutamento nell’atteggiamento dello stesso psicopatologo che trova così, dinanzi a sé, anziché un malato incurabile, un paziente che è necessario tentare di comprendere. Ne emerge una riflessione sulla malattia quale possibilità propria dell’essere-uomo che riconduce Minkowski a una tradizione che comprende l’opera di filosofi quali Husserl e Bergson. Tuttavia, altra è la questione centrale nell”opera. Di fronte alla constatazione che il mondo del malato è legittimo quanto lo è quello della norma, che cosa è comune nella costituzione del mondo proprio di ciascun essere-nel-mondo? E, soprattutto, cosa viene a mancare, cosa si trasforma e muta nel mondo della malattia che lo differenzia da quello della norma? Mentre Binswanger è costretto a rinunciare al tentativo di superare la distinzione tra norma e anormalità nella descrizione di ciascun esistenziale costitutivo dell’essere-nel-mondo, Minkowski, invece, procede nella descrizione di quelle che possono essere riconosciute come tipologie costituzionali: schizoide, sintona e glischiroide (epilettoide). Non dimenticando di sottolineare che “ogni costituzione comporta, accanto alle carenze, dei tratti positivi, delle risorse“, Minkowski riconduce la schizoidia all”assenza del contatto vitale con la realtà, caratterizzato dal razionalismo morboso. Nella sintonia l”esperienza è completamente assorbita in questo contatto, trascinata nell”impossibilità di cogliere i contesti in cui si dà. La glischiroidia è invece caratterizzata da una sorta di adesività al reale: anziché essere in balia del flusso dell”esperienza, e nell’impossibilità di un distacco razionale da essa, il contatto vitale è ristretto agli oggetti, producendo una forma dell’esperienza assolutamente statica. Secondo Minkowski, dunque, risulta decisivo quale di queste tipologie risulti dominante in ciascun individuo o in quale forma si realizzi il reciproco equilibrio.