Ciò che più di tutto differenzia il cristianesimo dagli altri monoteismi mosaici è l’idea dell’incarnazione, di un Dio che, per essere più vicino agli uomini, si fa uomo. L’analisi condotta da Zanotti e da Boni ha il grande merito di recuperare la natura antropologica e la matrice teologica legittimante della produzione normativa cristiana, ripercorrendone il processo di formazione. Il percorso muove i passi dall’apertura di un orizzonte di differenziazione rispetto al ruolo veterotestamentario del sangue, riformulando l’idea e il valore della circoncisione e del sacrificio. Gli autori analizzano poi la problematicità della funzione del sangue nella configurazione delle identità cristiane, ripercorrendo la storia dei concili e i rapporti tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa romana. Sulla differenza delle sensibilità manifeste, antropologicamente condizionate dai contesti storico-politici e socio-culturali, il sangue, la percezione del corpo, la considerazione dell’umanità di Gesù determinano la formazione di orientamenti ecclesiologici e dogmatici differenti. Dopo aver profilato la delicatezza del tema portante, la riflessione si orienta a una definizione del sangue e della sua funzione in rapporto alle dimensioni istituzionale, sacramentale, antropologica. Attraverso una sapiente selezione critica delle fonti giuridiche – ecclesiastiche e civili – gli autori analizzano la progressiva legittimazione e forniscono i fondamenti canonistici dello ius gladii e della effusio sanguinis, evidenziando un atteggiamento storico fluido, condizionato dal contesto e dalla necessità di mediazione tra l’amministrazione del culto e la tutela della vera doctrina. Attraverso un’introspezione che focalizza lo sguardo sull’orizzonte intraecclesiale, il volume porta la riflessione a vagliare il ruolo del sangue nella definizione di una dimensione sacramentale e ortodossa, stabilendo una corrispondenza tra purezza del sangue e capacità di ricezione della vera fede (è il caso della limpieza de sangre dell’ebraismo sefardita). Lo sguardo si sposta poi nello spazio intimo della vita privata, calando i problemi legati al rapporto con il sangue nella quotidianità, e nella ritualizzazione delle forme abitudinarie di vita. L’alimentazione, il digiuno, il sacrificio, il ciclo mestruale, il contatto diretto con il sangue sono alcuni degli aspetti che, pur appartenendo alla sfera dell’ordinarietà, riverberano l’indiretta attribuzione di una valenza religiosa agli atti del quotidiano. L’ultimo capitolo, risuonando la teologia di Metz, di Congar e di Gauthier, travalica i limiti dell’umanità ed elimina l’alterità tra Dio e il mondo, tra la corporeità e la trascendenza, trattando il tema del "sangue glorioso" come forma di massima manifestazione, nel culto e nella tradizione, della divinità di Cristo fatto uomo. L’integrazione delle fonti giuridiche e delle riflessioni filosofico-teologiche restituisce, nel lavoro dei due giuristi, la compresenza costante di nomos e pistis, in una complessità del fenomeno religioso troppo spesso frammentata dall’esistenza di preconcetti e dall’uso di categorie pregiudiziali.