Celebrata per secoli come l’immagine del "grande taumaturgo", oggi la figura carismatica di san Nicola risulta spesso molto vaga. Attraverso l’indagine storica e iconografica, Bacci descrive il processo di costruzione dell’identità agiografica di un santo il cui culto, iniziato nel IV secolo a Myra – antica città dell’odierna Turchia di cui fu vescovo -, si diffuse in gran parte del mondo cristiano. Vissuto ai tempi dell’imperatore Costantino (324-337), Nicola si distinse in vita per il suo impegno e coraggio nella denuncia delle ingiustizie e per alcuni celebri episodi, come la vicenda delle tre fanciulle, il miracolo dei tre generali e la storia delle navi granarie. Dopo la sua morte, lo spazio adibito a custodirne le spoglie divenne un luogo sacro, soprattutto in virtù del myron che sgorgava dalla tomba, ossia il balsamo estratto dal mirto utilizzato per profumare i resti del santo e considerato un farmaco miracoloso per il solo fatto di essere entrato in contatto con le sue ossa. Protettore delle navi durante le tempeste, tra VIII e X secolo la figura del vescovo di Myra conobbe un’espansione talmente ampia da rendere necessaria una più accurata ridefinizione della sua identità biografica e il consolidarsi di un profilo fisionomico riconoscibile da tutti. Di pari passo all’accresciuta notorietà di san Nicola si assistette a un privilegio dell’icona per le pratiche devozionali, incoraggiato peraltro dal progressivo occultamento del sepolcro, il quale diventò sempre meno accessibile, come testimoniano anche i resoconti della traslazione delle reliquie a Bari (1087) e a Venezia (1100). Quale risposta all’affrancamento dalla dimensione locale, si diffuse così il ricorso alle immagini miracolose del santo dalla lunga barba e dalle grandi rughe che pareva incrociare lo sguardo dei fedeli che lo invocavano per ottenere una grazia. Nel corso del Medioevo la fama di san Nicola raggiungerà i paesi del Nord Europa dove, entrando in contatto con le tradizioni locali, assumerà il celeberrimo ruolo di "portatore di doni", accompagnato da un servitore dai tratti animaleschi pronto a infilare in un sacco i monelli. Proprio tale personaggio mostruoso, una volta trasformato in una figura bonaria in grado di scalzare il suo padrone, nell’Ottocento darà vita al moderno Santa Claus, opera di Thomas Nast, disegnatore tedesco emigrato negli Stati Uniti, capace di creare un’immagine destinata a diventare un simbolo collettivo. Confuso e ingiustamente identificato con "Babbo Natale", san Nicola oggi, pur non godendo del consenso universale che l’ha contraddistinto per secoli, non ha perso il suo carisma particolare, a tal punto che i russi ancora dicono: "se anche ci muore Dio, ci rimane pur sempre san Nicola".