Il complesso rapporto, non solo storico, tra principi, valori e coscienza morale nelle società multietniche in costante metamorfosi spinge ancora l’essere umano, il soggetto della tradizione metafisica occidentale, a rappresentare se stesso come un attore che opera in una realtà sociale normativamente vincolata. Tra i vincoli normativi non figurano solo quelli di natura giuridica, ma anche quelli di natura simbolica, come le religioni, che possono facilitare il passaggio dalla sfera dell’individuo a quella della persona. In questo suo ultimo libro, Vannino Chiti parte da un assunto preciso: nell’esperienza religiosa, nel "ritorno" all’interiorità, come luogo al quale la persona possiede un accesso "esclusivo", si annuncia di fatto una "trascendenza", un trapassare dell’io nello spazio delle "differenze". L’impiego pratico dei valori in accordo a certi principi come il rispetto della persona umana dipende in larga misura dalla scelta del soggetto di compiere o meno azioni significative alla luce di processi come il «formarsi multietnico e multirazziale delle società» (p. 9). Il nesso tra religioni e politica rafforza (in una prospettiva "globale", proprio in quanto europea ed europeista) l’intenzione di Chiti di individuare le «ragioni» del dialogo interreligioso. Il tutto declinato, naturalmente, al "plurale". Nell’era post-metafisica la democrazia cerca ancora di offrire un futuro a tale modello di relazione tra culture differenti, consentendo la «presenza pubblica delle religioni» e concependo l’autonomia delle minoranze culturali e religiose in coerenza con i principi delle Costituzioni democratiche. Secondo Chiti il compito che si annuncia per il pluralismo religioso e culturale è dunque quello di tutelare il destino dell’uomo e della vita in un’esperienza di vita globale, ma che non potrà mai essere globalizzata, proprio in quanto segnata nel profondo dall’emergenza storica (a partire dall’Europa) di un «nuovo umanesimo». Il libro si articola in tre parti fondamentali. La prima ha per oggetto l’Europa nel quadro della globalizzazione, assieme al ritorno del fenomeno religioso su più livelli e delle migrazioni; la seconda prende in esame le forme e i contenuti del dialogo interreligioso; la terza, infine, affronta la questione sociale sottesa alla costruzione di uno sviluppo dal volto umano che tuteli la persona tanto nella sfera giuridica che in quella etico-morale così come in quella ecologica. Chiti porta avanti un confronto a tutto tondo con i grandi temi che ripropone al centro del dibattito politico-culturale la domanda: tramonto o rinascita dell’Occidente? Nella prospettiva di Chiti, resistere alla sfida lanciata dal fenomeno della decadenza (e del nichilismo) che rischia ancora oggi, a causa del precariato diffuso e delle difficoltà economiche, di annunciarsi come l’ennesima epidemia politica e morale dell’Occidente, è uno tra i compiti primari che si annuncia per le nuove generazioni. Anche perché a fare da pendant alla crisi di fiducia nel futuro è il costante riaffermarsi (non solo in Europa) di "identità muro" (Huntington) che, come è ben noto, conducono spesso allo "scontro" tra civiltà. Entro questa cornice tanto il cattolicesimo romano quanto il cristianesimo in senso più ampio hanno cercato di rispondere alle "sfide" di un’opinione pubblica in cerca di «ragioni», riavvicinandosi a una società che, per quanto segnata dall’indifferenza diffusa, intende ancora conservare al suo centro l’individuo. Ciò rappresenta un evidente paradosso tanto della modernità che della post-modernità, così come il segnale della consapevolezza sempre più diffusa che «il capitalismo di per sé non è portatore della democrazia e dei diritti umani» (p. 19); giacché, laddove mancano le lotte sindacali e politiche (quelle appunto che sfociano nelle elezioni dei rappresentanti nelle istituzioni di governo), la libera informazione e l’indipendenza dei vari organi dello Stato, non può esistere la tutela e il riconoscimento dell’autonomia della persona. In questo quadro articolato, secondo Chiti occorre rafforzare i modelli culturali e scientifici progressisti per fornire una risposta laica a situazioni di marginalità in cui vengono a trovarsi, ad esempio, tante persone "sospese", dopo l’emigrazione, tra identità diverse (p. 25). Per porre mano a questi nodi cruciali che hanno segnato il passaggio dal Secolo breve al ventunesimo secolo occorre confrontarsi sui destini di un modello (quello appunto della laicità) ancora molto utile nell’era dei populismi diffusi. A fronte della crisi dello spazio pubblico, secondo Chiti, la persona deve costruirsi in accordo a modelli eterogenei in un «laboratorio» per il confronto (p. 86) dentro e oltre l’Europa, onde evitare di erodere, sempre nella delicata sfera politica, il labile confine che separa la democrazia dal terrorismo e dai regimi dispotici (p. 49). Il riconoscimento naturale e intersoggettivo della "diversità culturale", così come la mediazione linguistica, rappresentano secondo Chiti (oltre il principio "liberale" della tolleranza) ancora le precondizioni per una "corretta" convivenza in democrazia. In questo senso, il tramonto dell’Occidente, forse, è già concluso.