Libro controverso ed enigmatico quanto nessun altro nella Bibbia, il Qohelet (o “Ecclesiaste”, nella versione greca) è rimasto lungo i secoli un”autentica pietra d”inciampo sia per l”ebraismo sia per il cristianesimo: tanto da produrre, di volta in volta, interpretazioni assai distanti fra loro, a dispetto dei 12 smilzi capitoletti che lo compongono. Attribuito tradizionalmente alla penna del re sapiente per eccellenza, Salomone, ma steso probabilmente nel III secolo prima dell”era volgare, basterebbe ricordare, da parte ebraica, la sua lettura durante la festa più gioiosa dell”anno liturgico (la festa di Sukkot, o delle Capanne); e da parte cristiana, la celeberrima ripresa in chiave apocalittica dell”incipit (“Vanità delle vanità, tutto è vanità”) dell”‘Imitazione di Cristo’. E” da salutare pertanto positivamente l”uscita in traduzione italiana di uno dei commentari al Qohelet considerato un vero e proprio classico moderno, quello di Norbert Lohfink apparso originariamente (nel 1980) nella prestigiosa serie di “Die neue Echter Bibel Altes Testament”, in cui il gesuita tedesco docente di esegesi anticotestamentaria all”Accademia di Filosofia e Teologia “St. Georgen” di Frankfurt a.M. abbina la sua sperimentata competenza esegetica con un”indispensabile apertura filosoficoteologica. Ne risulta un volume affascinante, dove l”Ecclesiaste è presentato (un po” sorprendentemente, per la verità) nella sua dimensione solare e “mediterranea”, quale frutto della riflessione tormentosa di un personaggio di elevata condizione sociale e culturale, pienamente immerso nel trapasso di pensiero causato dall”incontro/scontro fra ebraismo ed ellenismo. Particolarmente convincenti sono i passi in cui Lohfink descrive il “radicalismo esistenziale” dell”autore biblico, il suo sconcerto profondo per l”apparente insensatezza della storia, la costante interrogazione sull’agire misterioso di Dio: ben altro che un “agnostico mediocre”, come talora Qohelet è stato descritto, preoccupato appena della moderazione mondana nel godere le quotidiane piccole gioie della vita. Qualche perplessità, piuttosto, la suscita la ricostruzione strutturale del libro biblico, ordinata dallo studioso secondo un perfetto diagramma palindromico, e sin troppo accurata per una materia che – come ha osservato un esegeta italiano cui Qohelet è particolarmente caro, Gianfranco Ravasi – sarebbe da accomunare piuttosto alla fluidità dei “Pensieri” di Pascal. Prende forma, in ogni caso, una lettura del testo in chiave esistenzialista, soprattutto nell”ammonizione qoheletica a non introdurre alcun aldilà che si presenti come legittimazione di una fuga di fronte alla responsabilità dell”istante presente, o che risulti tentare una consolazione: “Qohelet va visto allora come istanza critica contro i pericoli latenti nel discorso cristiano!” (p.28), arriva a sentenziare Lohfink, fornendo un ulteriore suggerimento di attualizzazione dell”antico sapiente d”Israele.