A partire da un confronto tra Eraclito e Heidegger sulla valorizzazione del carattere non dialettico, non conciliativo, della nozione di harmonia, il volume affronta alcuni temi eraclitei – la comunità, la morte, il pericolo, il destino – al centro di quell’ideologia della guerra che caratterizza il clima culturale della prima parte del XX secolo in cui, accanto allo stesso Heidegger, hanno operato Sombart, Jünger, Schmitt e Scheler. L’idea eraclitea della verità intesa come processo che si svolge provocando una connessione inscindibile tra velatezza e svelamento comporta infatti uno “scontro” tra punti di vista diversi; “scontro” confermato anche da due dialoghi di Platone – Sofista e Teeteto – che evidenziano come un approccio pacifico alla conversazione non consenta di avanzare nel percorso intorno alla verità e come dunque risulti necessario un ribaltamento radicale di prospettiva: per acquistare capacità di parola, di disporre del logos, bisogna avere il coraggio di ingaggiare una “battaglia”. Il polemos introdotto da Platone indica un’azione volta a portare alla luce il contrasto e la discussione sull’archegos – ciò che è all’origine di tutto – allo scopo di sviluppare il ragionamento intorno alla realtà dell’essere. Il polemos non ha quindi una valenza distruttiva, ma un ruolo propulsivo del progresso umano: nella Repubblica Platone attribuisce infatti ad esso la funzione di produrre lo Stato, segnando l’avvento di una società in movimento, capace di allargare incessantemente i suoi confini. Il regolamento di conti polemico tra le opposte posizioni intorno alla realtà dell’essere non esaurisce il momento conflittuale dell’indagine filosofica: occorre infatti mettere in gioco anche se stessi, occorre scovare i nemici che sono dentro di noi. Anche in questa battaglia interna, il polemos esercita una funzione che produce forma, che consente di realizzare fino in fondo il compito di colui che sa: custodire lo Stato, vincendo la guerra con se stessi. Il filosofo deve incessantemente sottoporre le affermazioni altrui e le proprie a un vaglio inflessibile – appunto polemico – per non trasformare in doxa la tensione verso la conoscenza della verità. Anche l’arte maieutica non è inoffensiva – perché aiuta a generare le anime infliggendo un supplizio che viene associato ai dolori del parto – soprattutto quando è presente in scritti accomunati da una valenza agonistica, attraverso i quali è possibile liberarsi delle convinzioni erronee.