"Il déjà vu – simile ad un granello di sabbia che inceppa per un attimo il collaudato funzionamento di un ingranaggio" può riportare alla luce un significato condiviso, dal particolare di un'esperienza individuale. Memoria e dimensioni del tempo, eternità ed eterno ritorno, identità personale e scissione della personalità, arte e delirio, perdita e plenitudo vitae, sono concetti illuminati dall'ordine del discorso che ripercorre trasversalmente sfera medica, letteraria e filosofica, nel punto di fuga fenomenologico e storico del déjà vu, sintesi di mente, cervello e cultura. Esplorare l'esperienza nelle sue regioni incerte, cangianti, emotivamente coinvolgenti o perturbanti, come nei vuoti di conoscenza e negli intrecci di storia e biografia, può rischiarare nuove comprensioni del dato umano. Si devono attraversare i confini di più discipline per cogliere quegli aspetti del fenomeno che sono il risultato delle differenti delimitazioni dei singoli domini o livelli di descrizione. È in gioco una ridefinizione degli spazi della ragione e della libertà di un futuro che può ancora essere istruito dal passato, se si coltivano i campi del déjà vu, del delirio, della creazione e della ricezione artistica, comparando interpretazioni filosofiche, diagnosi e spiegazioni scientifiche, espressioni artistiche, là dove passioni e ragioni s'incontrano nelle differenti geometrie delle dimensioni del tempo e nei modi di viverlo o subirlo. Si scopre una nuova ontologia nel duplice sguardo della perlustrazione storica – in un arco di tempo fra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo – e dello scavo archeologico della teoria. È questa la lezione delle "piramidi di tempo". "Riavere" o rivivere, contro l'evidenza possibile, un momento noto del passato in un frammento di presente, divenuto crocevia d'intensità emotiva nel rapporto fra ricordo e percezione, è situarsi dove l'io rischia di perdersi o dove riesce a trovare il varco di una parte di eternità propria, la stessa che la poesia porta ad espressione compiuta. Shakespeare, Verlaine, Dante, Gabriele Rossetti, Tieck, Ungaretti, come le analisi di Freud, Nietzsche, Bergson, Benjamin e Bloch, sono alcune delle voci di testimonianza, da cui proiettare una teoria più generale. L'artista riesce a mostrarci sia le strade percorribili del ricordo, sia gli abissi della perdita, del "principio del piacere" che cerca di rendere satura la dimensione insatura dell'irreversibilità del tempo. "Se è vero che, sin da Platone del Teeteto e dall'Aristotele delle Metafisica, la meraviglia ha segnato la nascita della filosofia, lo stupore per il déjà vu non ha, a sua volta, contribuito ad alimentare la meditazione sulla natura del tempo e delle sue ekstaseis, delle sue apparenti fuoriuscite dall'alveo abituale?"