Il presente volume appartiene a quel filone di ricerche sul mondo classico che, negli anni Venti e Trenta del Novecento, reagendo alla impostazione storicistica e al filologismo imperanti, cercava una chiave di lettura più diretta delle civiltà antiche, individuandola non nella filosofia o nella scienza, ma nel mito. Gli scritti di Paula Philippson – che non era per formazione e professione una studiosa del mondo antico, perché studiò medicina ed esercitò la professione in Svizzera – forniscono quindi, sulla scia di precursori insigni quali Károly Kérenyi, Walter Otto ed Ernst Cassirer un approccio alla materia mitica importante e originale rispetto agli studi pur sapienti di antichisti classici come Wilamowitz, Kern o Nilsson. Tale approccio privilegia l'analisi continua e diretta delle fonti e analizza la materia mitica riconducendola a tre categorie fondamentali: il tempo, la forma, lo spazio del mito. Ciascuna categoria è inoltre contraddistinta da quella forma polare del pensiero che secondo Philippson informa lo spirito greco, a partire da Esiodo: «La forma polare del pensiero vede, concepisce, modella e organizza il mondo, come unità, in coppie di contrari». Lo sviluppo della polarità presente nella Teogonia si può vedere da Anassimandro ad Empedocle, secondo il quale aggegazione e disgregazione non sono opposti che rimandano a realtà diverse ed escludentisi; sono invece i contrari di una coppia, indissolubilmente legati alla loro opposizione e da essa condizionati: perdendo il polo opposto, essi perderebbero il loro stesso senso. Questa convivenza degli opposti si manifesta in modo evidente nel mondo del mito: nella mitologia greca «si realizzò, per la prima volta in Occidente, l'esigenza congenita allo spirito umano di portare unità nella sconcertante moltitudine delle forze e dei fenomeni che lo circondano». Così, nel saggio Il tempo nel mito, l'incontro (symbolon) tra essere e divenire, tra atemporalità e cronologia (aion e chronos) dà vita alla temporalità propria del mito, la narrazione di un divenire sempre uguale (kosmos symbolikos). Nel saggio La genealogia come forma mitica è la forma originaria del genos (stirpe), di matrice esiodea, che costituisce la forma propria del mito e garantisce la convivenza di unità e di molteplicità. Ne La mitologia tessalica, infine, Philippson, prendendo in esame alcuni dei più importanti miti tessalici e mettendoli in stretta connessione genetica con il territorio della Tessaglia, tenta di dare conto delle concezioni più antiche delle divinità greche, del modo in cui si sono formate e, infine, trasformate in divinità nell'ordine cosmico di Zeus.