«Era stata la poesia, insieme al desiderio di scuotere il giogo della nostra cultura, a orientarmi verso questi studi, e non il gusto della scienza in quanto tale». Con queste parole Leiris stesso spiega l’origine dell’interesse che lo portò agli studi di etnografia: Leiris fu infatti scrittore e poeta surrealista prima di essere il grande etnografo universalmente noto per scritti come l’Afrique fantôme e l’Âge d’homme. Concepita inizialmente come un mezzo di spaesamento intellettuale e di emancipazione psicologica e sociale, scelta poi come secondo mestiere, l’etnologia diventa ben presto per Leiris intimamente legata alla sua attività letteraria. Le due attività sono per lui come le due facce strettamente congiunte di una ricerca antropologica nel senso più completo del termine: «accrescere la nostra conoscenza dell’uomo, sia per la via soggettiva dell’introspezione e dell’esperienza poetica, sia per la via meno personale della ricerca etnologica». Il volume si divide in due parti: nella prima parte vengono presentati alcuni studi di etnologia. Il programma comune alla base di questi studi è la denuncia violenta ed appassionata dell’etnocentrismo e l’invito a riconoscere che ogni cultura ha il suo valore, difficilmente comprensibile all’osservatore esterno: «poiché le nostre idee sulla cultura sono esse stesse parte integrante di una cultura […] ci è impossibile assumere una posizione di osservatori esterni, che permetta di stabilire una valida gerarchia tra le diverse culture: ogni valutazione in materia è necessariamente relativa». Ne deriva necessariamente che l’etnografia, pur tendendo al massimo dell’imparzialità, rivendica un distacco minore rispetto a quello delle scienze fisiche e naturali: proprio perché si spinge più lontano, è impossibilitata a sottrarre completamente l’osservazione all’influenza dell’osservatore. La seconda parte del volume comprende scritti vari, in buona parte autobiografici, tra cui spicca L’occhio dell’etnografo, che dà il titolo al volume: l’occhio dell’etnografo opera per accomodamenti progressivi dello sguardo, che gli permettono di svelare e denunciare pregiudizi. L’etnografia diventa allora dimensione etica, che consiste nel dimenticare «la propria personalità attraverso un contatto concreto con un gran numero di uomini, all’apparenza diversi». Al termine del volume, il lettore attento avrà colto il sofferto e lacerante senso d’impotenza che sempre afflisse Leiris nell’instancabile ricerca di una scrittura che unisse sincerità e trascrizione indifferenziata del reale.