Perché il linguaggio è importante per la filosofia? Questo volume del filosofo della scienza Ian Hacking vuole dare una risposta esauriente a una delle domande cruciali del dibattito filosofico contemporaneo, ripercorrendo alcune delle tappe più significative della tradizione empirista dal ‘600 fino ai giorni nostri. Hacking, che muove da una impostazione storiografica che, per sua esplicita ammissione, ha qualche debito con il Foucault di Le parole e le cose, cerca di individuare un percorso storico-teorico all’interno del “labirinto che ha il linguaggio al proprio centro”, un percorso che da Hobbes arriva fino alle recenti teorie di Feverabend e Davidson. Una caratterizzazione forte dell’analisi di Hachking è il tentativo di tracciare una linea di demarcazione tra “idee” e “enunciato”, argomenti che in epoche diverse sono stati al centro degli interessi della filosofia. L’autore attribuisce cioè alle idee – così come venivano concepite nei trattati di filosofia del XVII sec. – pressappoco la stessa funzione che il linguaggio ha assunto, a partire da Frege, nelle speculazione analitiche, e – con essa – la teoria del significato, che per Hachking ricopre oggi lo stesso ruolo che poteva avere una “teoria delle idee” nel pensiero di Cartesio e Locke: quella di mediare tra la realtà (l’esperienza) e il soggetto conoscente. Dal “discorso mentale” di Hobbes agli oggetti della visione mentale di Cartesio, la filosofia del Seicento – afferma Hachking – sembra attribuire la priorità gnoseologica alla dimensione privata, mentre è solo con la riflessione fregeana sul “senso” che si assiste alla nascita di una teoria del significato fondata sulle caratteristiche pubbliche del linguaggio. Il nostro secolo si caratterizza in questo modo per quella che Richard Rorty ha reso celebre come la “svolta linguistica”, un atteggiamento da parte dei filosofi che tende a privilegiare la dimensione pubblica della conoscenza, al punto che Hachking arriva a parlare, verso la fine della sua ricerca, di una “conoscenza enunciativa” come dell’ultimo ‘paradigma’ istituito dalla comunità scientifica. La rassegna filosofica qui presentata mette a fuoco, in uno stile finalmente non specialistico e accessibile anche ai non addetti ai lavori, alcuni degli sviluppi teorici fondamentali per comprendere la relazione tra linguaggio e filosofia, dalla “grammatica universale” di Chomsky all’’’anarchismo metodologico” di Feyerabend, passando per la figura enigmatica, e centrale per la nostra epoca, di Ludwig Wittgenstein. Di Hachking (Università di Toronto) cfr. Rivoluzioni scientifiche, Roma-Bari, Laterza, 1984, Conoscere e sperimentare, ivi, 1987, L’emergenza della probabilità, Milano, il Saggiatore, 1987 e Il caso domato, ivi, 1994.