Questo testo è la traduzione italiana delle note manoscritte del corso sull’Europa che Febvre tenne al Collège de France nell’anno accademico 1944-45. Suo scopo era mostrare il processo che ha condotto alla genesi dell’Europa come unità storica e come civiltà.
L’insegnamento presente in queste pagine è che l’Europa ha avuto una gestazione lenta, di cui si può però fissare con sicurezza l’origine: l’epoca dell’impero carolingio. Nel mondo greco, l’Europa era stata infatti una nozione puramente teorica e cosmografica (“le parti d’Occidente”), mentre l’impero romano aveva dato vita a una civiltà esclusivamente mediterranea. Fu il regno franco a segnare quell’incontro tra asse nordico e asse mediterraneo che secondo Febvre rappresenta l’elemento centrale della formazione dell’Europa. Dopo la frammentazione dell’impero carolingio si determinarono vari fenomeni che contribuirono alla genesi dell’Europa: la colonizzazione feudale delle terre, lo sviluppo delle città nel quadro della rinascita del secolo XI, le prime consapevoli allusioni all’Europa rintracciabili nel tardo Medioevo e agli inizi dell’Umanesimo. Con l’età dei Lumi nacque quindi la nozione di Europa intesa come patria ideale degli uomini colti, sogno che si infranse contro due scogli: la nazione (concetto con cui Febvre intende il “nazionalismo civico” della rivoluzione francese), e le nazionalità, ossia le nazioni in embrione e in cerca di un assetto istituzionale.
È significativo (e coraggioso, se si considera che Febvre parlava nel 1944-45) che in questo corso universitario egli sostenesse che la civiltà nasce dal meticciato e dall’impurità razziale e la definisse come bisogno di imitazione reciproca. Queste lezioni di Febvre costituiscono una testimonianza morale e intellettuale ancora viva e che pone dilemmi alla nostra epoca europeista. Febvre dichiarava che il problema dell’Europa era ormai inseparabile dal problema del mondo, e che costruire l’Europa era un compito forse superato dai tempi. Tuttavia non si deve credere che Febvre stesse qui preconizzando la “globalizzazione”: ciò che gli interessava non era tanto l’interdipendenza dei mercati, quanto la stratificazione culturale generata dall’irradiazione delle idee e del potere europeo nel mondo. Quello di Febvre è pertanto un richiamo alla responsabilità, un tentativo di prolungare, da storico, la curva del passato fino esattamente all’oggi, per trarne non profezie ma conoscenze.