A circa quindici anni di distanza dall’uscita di Antropologia e Cultura Romana (Roma, 1986), il presente volume costituisce una sintesi degli studi di antropologia del mondo antico affrontati negli ultimi dieci anni da Maurizio Bettini. Il volume si divide in tre sezioni, ciascuna dedicata all’indagine di una particolare tematica. Le orecchie di Hermes, che danno il titolo allo studio, introducono il lettore al tema della comunicazione e delle antiche maschere della comunicazione, della memoria e dell’oblio nella cultura greca e romana. Intorno all’onnipresente figura di Hermes, dio del mercato, del linguaggio, dio messaggero per eccellenza, si dipanano miti, ruoli culturali dimenticati (il “ricordatore”, colui che in Grecia e a Roma svolgeva le funzioni della moderna agenda), credenze particolari legate all’opposto della parola, il silenzio, e quindi all’assenza (il noto proverbio lupus in fabula, che esprime l’orrore suscitato dall’improvvisa comparsa della persona di cui si sta parlando). Dal tema del ricordo e del suo opposto, l’oblio, si passa all’analisi della figura del ‘doppio’ di sé, che esprime efficacemente la paura dell’uomo di perdere la propria identità. L’analisi della vicenda culturale e letteraria della nozione di ‘doppio’ nell’antica Roma, condotta attraverso la leggenda di Bruto il vecchio, che si mise al riparo dal re Tarquinio fingendosi sciocco, quindi attraverso la storia di Alcmena e di Anfitrione e della nascita di Ercole da un finto Anfitrione (ossia Giove mascherato), fa da introduzione a un’affascinante rassegna di testi medioevali latini (i Gesta Romanorum, Walter Map) e irlandesi (The Birth of Morgan), alla ricerca della fortuna letteraria e culturale del ‘doppio’ nel medioevo europeo. Chiude la sezione uno studio sull’episodio del III libro dell’Eneide, in cui Eleno e Andromaca si ricostruiscono una piccola, nostalgica Troia in Epiro, dando vita a un ‘simulacrum’, doppio perfetto del proprio passato. L’ultima sezione del volume (Storie di parole) si incentra sull’analisi del relativismo culturale antico e moderno, in una lettura che da Erodoto arriva a Montaigne e a Taguieff. L’autore si concentra quindi sulla nozione dei costumi (mores) e dei sacri costumi degli antenati (mos maiorum), e attraverso le chiavi di lettura della nozione di tradizione culturale fornite da M. Halbwachs e da J. Assmann giunge ad una visione dei mores romani non basata su un unico punto di vista (quello della comunità): il mos è costruito infatti attraverso il consensus di un gruppo sociale che cerca di imporsi su quello di un altro gruppo.