Il Cantico delle creature di Francesco d'Assisi – detto anche, in assenza di un titolo autoriale, Cantico di Frate sole o Laudes Creaturarum – segna l'inizio della tradizione poetica in volgare e "inaugura" la storia della letteratura italiana. Lo si può dunque avvicinare con gli strumenti della retorica inserendolo nella storia dei linguaggi poetici, ma lo si può legittimamente analizzare anche in una più ampia prospettiva storico-culturale, come propone Nicolo Pasero, professore di Filologia romanza a Genova e studioso di sociocritica e di teoria della letteratura. Progettato come "strumento di propaganda religiosa con destinazione di massa" e scritto in lingua volgare per precise esigenze di comunicazione e di politica predicatoria, il Cantico di Francesco fonde il messaggio delle verità religiose con la narrazione del mondo che circonda l'uomo. Come fonti d'ispirazione o come modelli presenti alla memoria dell'autore si citano abitualmente il Libro di Daniele (3, 51 – 89) e il Salmo 148, ai quali andrebbero aggiunti il Genesi, l'Apocalisse canonica e l'apocrifo apocalittico "Visio Sancti Pauli". Il perno concettuale della visione del mondo di Francesco è "l'asserzione della fondamentale bonibas del creato e, attraverso questa, del Creatore" secondo un procedimento che non opera "tanto attraverso l'espressione speculativa, quanto attraverso il racconto". Un racconto che prende le distanze sia da un cristianesimo conformista che dalle radicalità ereticali e che oppone il proprio ottimismo sulla natura al pessimismo in cui si riconoscono, anche se in modi diversi, la concezione catara e la mentalità apocalittica.