Il volume di Rodotà affronta il rapporto tra la legge e i momenti fondamentali dell'esistenza umana (la vita, la morte, la procreazione, la malattia), sottolineando che la complessità della scena sociale e le profonde trasformazioni scientifiche, tecnologiche, culturali avvenute hanno fatto capire che il diritto non può essere la migliore cura sociale per risolverne i problemi etici. Chiari esempi di questa situazione, per rimanere nell'ambito dell'esperienza italiana, sono la legge sulla procreazione assistita e il dibattito sul testamento biologico e sull'eutanasia. Il diritto, afferma Rodotà, non può entrare con prepotenza nella vita delle persone, mentre occorre la redazione di un diritto "sobrio", portatore di valori comuni, di valori forti e che dia luogo a una legislazione condivisa. A questo proposito occorre sottolineare che nel libro è presente costantemente il dialogo con il pensiero della differenza sessuale, con la sua attenzione per il corpo delle persone, sul quale la tecnica, la biologia, la medicina pongono nuove sfide che coinvolgono il diritto. Assistiamo invece all'emergere del "politeismo" dei valori e di un diritto "à la carte" che sono l'espressione del bisogno di individualizzare i diritti. Al tempo stesso la crescente circolazione delle persone in un mondo sempre più strettamente connesso (in cui però rimangono fortissime le differenze) porta con sé anche una circolazione di valori e di modelli di comportamento che pone il diritto di fronte a dilemmi complessi, alla continua contrapposizione tra universalismo e diversità, tra valori comuni e multiculturalità. E' quindi inevitabile che cresca con forza la richiesta di certezze ad ogni costo, che portino all'imposizione di una verità indiscutibile attraverso la fissazione di una norma giuridica. Una delle principali accuse rivolte alla politica è proprio di non sapere più pensare autonomamente rispetto alle norme. Occorre allora, sostiene Rodotà, ritrovare come guida insostituibile il valore della dignità della persona come è sancita nella nostra Costituzione e nella Carta dei Diritti europea. La rivalutazione dei diritti fondamentali permette di individuare un insieme di fini non negoziabili dalle forze politiche, né da parte delle persone titolari di tali diritti: essi si presentano come indisponibili ed esprimono un duplice limite che il diritto pone a se stesso e alla generalità dei cittadini. I diritti fondamentali sono il filtro necessario per la realizzazione di altri fini, restituendo al diritto quella capacità di governo sociale e alle persone quello spazio di autonomia altrimenti annichilito dalla potenza della tecnica. Punto di riferimento deve essere l'irriducibilità di situazioni giuridiche connotate dall'indisponibilità da parte degli stessi interessati alla logica dello scambio.