Riandare all’epoca ellenistica, compresa da Lucio Russo (ordinario di Calcolo delle probabilità all’Università di Roma II) tra la morte di Alessandro (323 a.C.) e le persecuzioni antigreche a Alessandria (145-144 a.C.), comporta la necessità di riesaminare alcuni dei presupposti caratteristici della storia della scienza. In primo luogo deve essere riveduta l’inveterata abitudine di comprendere sotto la medesima denominazione, gli antichi o la Grecia che dir si voglia, un periodo storico di oltre cinque secoli lungo il quale le trasformazioni politiche, sociali e culturali sono state numerose e di notevole rilevanza. Ne consegue l’impossibilità di identificare l’apice della scienza greca con Aristotele e la necessità di riconoscere nell’epoca ellenistica il momento del suo massimo sviluppo. La scienza ellenistica, nel suo impianto teorico e nelle sue realizzazioni tecnologiche, è andata perduta divenendo pressoché incomprensibile per le epoche immediatamente successive. Dunque vi è stato un lunghissimo periodo durante il quale lo sviluppo della scienza si è trasformato in un vero e proprio regresso. In altri termini la scienza, dal punto di vista sociale e scientifico, ha fallito creando un precedente che mina ogni fede nelle proprietà taumaturgiche del “progresso della scienza”. D’altra parte, il recupero della scienza ellenistica durante il Rinascimento restituisce agli artefici della rivoluzione scientifica moderna un fondamento culturale e storico che solitamente non viene riconosciuto. La conoscenza di Archimede, Euclide e Aristarco di Samo sono esplicitamente riconosiute da Newton e Copernico, e solo un grave pregiudizio storico può pretendere che la loro opera sia sorta dal nulla. Come non era sorta dal nulla la cultura ellenistica. Preceduta da almeno due secoli di grande fervore culturale, le condizioni politiche economiche e sociali venutesi a creare con lo sfaldamento dell’impero di Alessandro si erano rivelate le più adatte al fiorire di una cultura scientifica per la prima volta finanziata con denaro pubblico ad Alessandria, con la Biblioteca, il Museo e lo Zoo, come negli altri regni ellenistici. In tali condizioni, secondo quanto Russo dimostra, la scienza greca si sviluppa secondo quel modello di teoria scientifica che si è creduto prerogativa della modernità – astrazione dell’oggetto teorico della scienza, struttura rigorosamente deduttiva della teoria, regole di corrispondenza tra enti della teoria e oggetti concreti – e che ha consentito risultati rimasti senza uguali per quasi due millenni.