Il volume costituisce uno dei più importanti lavori del filosofo tedesco Leo Strauss (1899-1973), emigrato negli Stati Uniti a causa del nazismo e diventato professore di scienza politica all’Università di Chicago. Preceduto dall’introduzione del curatore dell’edizione italiana, Carlo Altini, il volume si compone di tre saggi sul pensiero filosofico-politico di Aristotele, Platone e Tucidide attraverso i quali Strauss prende posizione sulla crisi della filosofia politica moderna. Nel primo capitolo, dedicato alla Politica di Aristotele, Strauss mostra come la saggezza pratica, il cui sommo grado è raggiunto dalla figura del legislatore, sia inferiore alla conoscenza teoretica propria del filosofo: in questo senso la legge risulta essere una convenzione la cui funzione consiste nell’educare i molti e fornire loro un principio di giustizia condiviso. Aristotele è, per Strauss, il primo filosofo politico che ricerca il miglior regime di governo e postula la preminenza della natura sulla legge, affermando dunque la superiorità dell’uomo virtuoso sulla città. Nella seconda parte del volume l’analisi della Repubblica di Platone è compiuta a partire dall’esame della forma letteraria del dialogo. L’ironia socratica e la dissimulazione sono gli strumenti utilizzati per nascondere alla società politica la radicalità del messaggio filosofico, così da rivolgersi solo a quegli uditori caratterizzati da una forte volontà di apprendere. Alla luce di queste considerazioni, Strauss interpreta la Repubblica non come il tentativo di proporre un ideale politico, bensì come la rivelazione dell’impossibilità della città giusta. Infatti il governo dei filosofi-re sarebbe possibile solo prescindendo dai limiti della natura umana e dalla conseguente, irrisolvibile, opposizione fra filosofia e città. In questo senso la Repubblica è uno studio sulla natura delle cose politiche, cioè sulla natura dei limiti delle richieste che è possibile volgere alla città, ed è quindi una critica, da un lato, all’ordine ancestrale, non adatto a soddisfare i più alti bisogni umani, e, dall’altro lato, a ogni forma di idealismo politico. Nell’ultimo capitolo, dedicato alla Guerra del Peloponneso, Strauss individua il valore della conoscenza storica nella scoperta dell’universale nei fatti singolari: sullo sfondo degli eventi storici, Tucidide coglie l’immutabile natura umana e riconduce la guerra all’alternanza fra quiete e movimento. L’opera di Tucidide è una critica alla spiegazione degli avvenimenti forniti dalla tradizione: il conflitto politico è infatti interpretato come uno scontro fra opposti valori fondativi e fra inconciliabili idee di giustizia. Il senso complessivo del volume di Strauss è dunque racchiuso, da un lato, nell’essere una ricerca sulle acquisizioni perenni degli autori antichi, e, dall’altro lato, nel proporre una radicale riflessione filosofica sulla politica la quale, a partire dal recupero delle forme di pensiero classiche, esplicita una delle più radicali e anticonformistiche critiche della modernità.