In terra d'Israele

Prefazione di Lucia Annunziata


Nel 1982 lo scrittore israeliano Amos Oz si appresta a fare un viaggio fuori dal mondo che già conosce. E' nato a Gerusalemme, ha combattuto nella guerra dei Sei giorni e in quella del Kippur, è un intellettuale askenazi della Israele illuminata dei Kibbutzim, un convinto sionista laico, un esponente del gruppo pacifista "Peace Nòw" e scrive per un quotidiano di sinistra. Il suo viaggio lo porta alla periferia urbana dove vive il proletariato sefardita, negli insediamenti messianici, fra i militanti nazionalisti, i conservatori religiosi, nella Gerusalemme Est degli arabi. In quella parte di Israele che proprio in quegli anni trova la propria voce istituzionale nel Likud di Menahera Begin. Prendono così corpo la rabbia, i rancori, le attese di un Paese in cui ogni singolo è coinvolto al massimo grado nelle cose pubbliche (e in quelle reli­giose e militari in particolare) e in cui storia e biografia non sono facilmente dissociabili; un Paese che è una "collezione di feroci discussioni, un'assemblea di quattro milioni di primi mini­stri, o addirittura di quattro milioni di autonominati profeti", ognuno con la propria personale ricetta; sempre diversa peraltro da quella di Oz, sostenitore di una divisione di Israele in due entità nazionali separate "più o meno secondo le linee di residenza delle rispettive popolazioni, e nell'ambito di una pace in piena regola e di accordi che garantiscano la sicurezza". "Ci sono due modi per risolvere una tragedia. Uno è quello di Shakespeare e l'altro quello di Cechov", afferma Oz. "In Shakespeare alla fine tutti sono morti. La scena è coperta di sangue, e la Giustizia svolazza su tutto. In Cechov sono tutti frustrati e arrabbiati, col cuore a pezzi ma vivi. E tutto quello che voglio è che ci sia una fine cechoviana alla nostra tragedia".

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 1992
Recensito da
Anno recensione 1992
Comune Genova
Pagine XVIII+193
Editore