Gli interventi di M. Dogliani, L. Elia, A. Pizzorusso, U. Allegretti e P. Caretti raccolti nel volume curato da M. Fioravanti disegnano la traiettoria seguita dalla Costituzione repubblicana italiana. Un cammino complesso, reso tale proprio dal compito che con essa si assunsero i Padri costituenti: "esprimere i principi fondamentali della nuova democrazia" e dotarsi "della clausola di supremazia non solo verso i poteri pubblici ma anche nelle relazioni tra i cittadini" (p. VI). Momento di svolta fondamentale di questo cammino, sottolinea Fioravanti, è stata l’istituzione nel 1956 della Corte costituzionale quale conquista di una dimensione di garanzia nei confronti delle istituzioni e dei cittadini. Di fronte alle attuali polemiche intorno alle riforme della Costituzione, non può non colpire il fatto che già a partire dagli anni Settanta si parlava di crisi e riforme costituzionali, in parallelo con il declino della rappresentanza politica esercitata dai partiti come se la Costituzione non fosse cosa diversa e distinta dal dibattito politico. La recente storia italiana dimostra che la Costituzione ha potuto incrementare la propria autorevolezza proprio perché ha conquistato una dimensione di piena normatività nella disciplina dei rapporti sociali, nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali e nell’interpretazione del diritto. Con la sua promulgazione, la Costituzione da un lato è stata chiamata a rappresentare il limite all’esercizio dei poteri politici; dall’altro lato ha assunto il ruolo di norma che rappresenta una sorta di indirizzo fondamentale, attraverso grandi leggi organiche di attuazione dei principi costituzionali. Malgrado ciò, a lungo si è mantenuta la convinzione che, senza l’intermediazione della legge, la Costituzione non poteva operare nell’ambito dei rapporti giuridici, essendo una norma pattizia di origine politica che solo per il tramite della legge acquistava natura e forza politica. Ma, se è vero che senza democrazia non è possibile alcuna costituzione, è anche vero che senza costituzione non è possibile alcuna democrazia, cioè l’esistenza di una società capace di riconoscere una norma fondamentale di conduzione delle relazioni tra i cittadini. Una dimostrazione di questa interrelazione tra democrazia e costituzione può rinvenirsi nell’irrompere sulla scena politico-sociale del concetto di "democrazia partecipativa", che trova nella Costituzione, se non una diretta e consapevole codificazione, un preciso aggancio testuale (artt. 2 e 3) che consente di sviluppare istituzioni più adeguate ai principi ispiratori di uno Stato democratico attento alle dinamiche e alle trasformazioni della compagine sociale.