Il titolo del volume trova la sua spiegazione nella considerazione secondo cui – attraverso il confronto tra la filosofia greca e la saggezza cinese – risulta che “il saggio è senza idee, perché non ne privilegia alcuna e affronta il mondo senza alcuna visione preconcetta” (p.13). Dal momento che il reale è in continua trasformazione, anche la condotta del saggio non si fissa. Mentre la filosofia fissa un orizzonte dello sguardo, la saggezza è una fonte che sgorga incessantemente e si colloca sempre sullo stesso piano. Lo statuto delle espressioni della saggezza è quello dell’osservazione che non definisce, ma puntualizza e varia in funzione dell’interlocutore, del momento e della prospettiva assunta. Ciò che la saggezza indica è una presa di coscienza che non passa necessariamente per la determinazione di un oggetto. In Cina si è sviluppato un pensiero della saggezza distinto dalla religione, ma senza entrare in conflitto con essa e non ha conosciuto la teologia come l’altro della filosofia. Un pensiero dell’immanenza che, non avendo dovuto pensare il caos non ha pensato l’immanenza come pieno, ma come fondo. Grazie al pensiero della scuola di Mozi (IV secolo a.C.), secondo Jullien, il pensiero cinese esce dalla sua estraneità rispetto al pensiero greco e si interroga sulla possibilità del dubbio, accordando la priorità alla causalità. La filosofia pensa nei termini dell’esclusione (vero/falso, essere/non essere), la saggezza pensa nei termini di una eguale ammissibilità. In questo modo però la saggezza è senza progresso, non ha storia, anche se è proprio per conseguire la saggezza che occorre prima progredire: è saggio colui che ha superato le contraddizioni e non esclude niente. La via che la saggezza indica non conduce a nulla, ma è attraverso la via stessa che si può avanzare continuamente: ignorando la finalità, questa via – che non ha di mira né il sapere assoluto, né la salvezza – non è quella che conduce alla rivelazione. L’Europa ha separato troppo facilmente la conoscenza (il cui modello è la scienza) dalla fede, dall’adesione, dalla convinzione: la prima è astratta e universale, l’altra personale e interiore. In Cina, al contrario, non si può separare la capacità di conoscere dalla disposizione interiore. Mentre la parola di verità disgiunge fissando e fa ostacolo al tutto dell’evoluzione, la caratteristica della formula di saggezza è di essere senza rigidità; invece di affidarsi a una stabilità, notoriamente illusoria, delle cose o dei significati, sa adeguarsi alla loro inconsistenza. È modificandosi senza sosta che va sempre al fondo delle cose: in questo si distingue dal discorso progressivo e costruttivo che è proprio della filosofia.