Al centro di questo agile e ricco volumetto vi è una questione divenuta sempre più centrale nella storia comparata dei sistemi religiosi, quella dell'origine storica e dello statuto teorico del monoteismo, studiata qui attraverso le narrazioni biblica e coranica della vicenda di Giuseppe. La storia biblica di Giuseppe viene inclusa nel quadro di una "invenzione" delle vicende dei Patriarchi realizzata dalla Bibbia per ricostruire l'identità del popolo ebraico attraverso il collante della religione, con una venatura monoteistica, o "yahwistica", non necessariamente davvero presente nell'esperienza storica dei popoli di Canaan prima dell'esilio, ma tuttavia essenziale nella costruzione del rapporto tra Dio e il suo popolo. In questo senso il movimento di YHWH viene letto dall'autore nei termini di un'evoluzione storica corrispondente a determinate situazioni socio-culturali, mentre l'idea monoteista si configura come una conquista filosofica e teorica non necessariamente esclusiva dell'esperienza ebraica. Non a caso, pur non addentrandosi nella questione dell'effettiva entrata e uscita di comunità ebraiche dall'Egitto, Campanini fa riferimento alla matrice egizia del monoteismo ebraico (il culto enoteistico del Sole riformato dal faraone Akhenaton), lasciando in sospeso la questione se tra i due fenomeni vi sia un rapporto di identità, di influenza, ovvero di emergenza concomitante tra due correnti di memoria non connesse ma confluite nel corso della storia. Ciò che preme all'autore è indicare come il monoteismo ebraico che traspare nella vicenda di Giuseppe si configuri come discorso teologico relativo a una precisa esperienza storica, anzi come posizione religiosa per la quale Dio cresce nella storia, perché acquisisce consapevolezza di sé attraverso gli eventi di Israele, storicamente verisimili o comunque ritenuti storici dalla Bibbia, a prescindere dai diversi risultati forniti dall'evidenza archeologica. Diverso statuto assume invece la storia di Giuseppe che compare nella Sura 12 del Corano, qui tradotta e commentata. L'analisi di questa storia rivela che la preoccupazione principale del testo coranico è la necessità di cogliere non una specificità storica, bensì la struttura della realtà. Mentre nella Bibbia la storia di Giuseppe è una cronaca, nel Corano essa assume la forma di una storia profetica, dotata di un messaggio spirituale che travalica la narrazione locale: non a caso il Giuseppe coranico è un vero e proprio profeta con il dono di saper svelare la verità. In chiave comparativa emergono dunque due monoteismi ben diversi: quello biblico, sorto dalla ricostruzione retrospettiva di un'evoluzione storica compiuta, e quello coranico, spartiacque d'epoca che si prefigge di aprire una nuova storia.