La ricerca di Zizek indica le radici profonde del politico nel triplice nesso fra godimento, legge e trasgressione. La fantasia è la facoltà umana che si trova a mediare fra due istanze opposte: l’ordine simbolico attinente alla legalità pubblica e il suo contenuto fantasmatico, proibito e contravvenente alle regole sociali. La fantasia intrattiene così un rapporto dialettico con l’ideologia pubblica visto che, da un lato, prescrive norme e, dall’altro, dispone elementi che permettono la trasgressione. Il sovvertimento dell’ordine genera dunque il godimento, un piacere perverso che, dialetticamente, non nega la legge, ma la rafforza. «Ciò che “tiene insieme” più profondamente una comunità non è tanto l’identificazione con una legge che regoli il “normale” circuito quotidiano della comunità, ma piuttosto l’identificazione con una specifica forma di trasgressione della legge, di sospensione della legge (in termini psicoanalitici di godimento)» (p. 63). L’efficacia pratica dell’ideologia dipende dunque, paradossalmente, dalla libertà soggettiva: solo se il singolo ha coscienza di non essere identico al tessuto normativo che lo obbliga, non avverte il peso della coercizione. Non a caso, perfino nei regimi totalitari è presente un margine di “libertà” per la trasgressione. Si tratta dunque di una scelta obbligata del sistema politico: l’ideologia, pur limitando lo spettro delle possibilità di scelta, produce nel soggetto, grazie alla fantasia, l’impressione di una falsa apertura del campo d’azione. Con Internet e il cyberspazio è possibile osservare nuovi aspetti di questo fenomeno: attraverso il meccanismo dell’identificazione con un sé virtuale, il singolo è infatti in grado di esteriorizzare le sue fantasie più intime. Le infinite possibilità di interazione con l’Altro si realizzano, però, nella più totale insicurezza comunicativa (le fantasie desoggettivate si sostituiscono al classico interlocutore). Il fenomeno del costituirsi eccentrico e marginale delle identità appartiene dunque intimamente alla realtà del tardo capitalismo: non c’è dunque niente di autenticamente “sovversivo”, antiglobale, nella lotta per l’affermazione delle differenze, sia che si tratti di minoranze etniche o di preferenze sessuali. La visione decostruttivista del soggetto non esprime alcuna pretesa radicalità, proprio perché rispecchia lo schematismo della trasgressione “previsto” originariamente dall’ideologia ed esprime così una generale tendenza alla depoliticizzazione del conflitto attraverso il ricorso all’idea di “diritti umani” – non diversamente dal “pacifismo militare” degli interventi NATO.