A poco meno di trent”anni dalla pubblicazione (1969), il Mulino ripropone questo saggio del sociologo Peter Berger, direttore dell”lnstitute for the Study of Economic Culture dell”Università di Boston.
La nostra epoca – spiega l”autore – è quella in cui il divino, almeno nelle sue forme classiche, non suscita più l”interesse umano e si ritira nel sottofondo della coscienza individuale mentre i segni della trascendenza si riducono a brusio. La scomparsa del soprannaturale o, per meglio dire, la sua minore evidenza pubblica, non ha però un solo volto e se in Europa il fenomeno si è manifestato, in generale, come diminuzione progressiva della partecipazione istituzionale al culto e ai sacramenti, in America, al contrario, ha fatto registrare un aumento della partecipazione religiosa, motivato però principalmente dall”esigenza di dare formazione morale ai figli, ricevere direttive sulla vita familiare o aderire a forme di rispettabilità richieste dall”ambiente sociale. Si è parlato, nel primo caso, di secolarizzazione dall”esterno e, nel secondo, di secolarizzazione dall”interno.
Secondo Berger, il pensiero sociologico (e, in modo più pertinente, la sociologia della conoscenza), pone oggi alla teologia la sfida più caratteristica del nostro tempo: poiché il misterioso tende a scomparire là dove diviene chiaro il funzionamento dei meccanismi con cui si produce e si mantiene l”attendibilità, la sociologia della conoscenza può fare luce sulle cause di crisi di credibilità della religione, prima fra tutte il pluralismo. L”individuo moderno, infatti, vive in una pluralità di mondi e si muove fra diverse strutture di attendibilità; proprio in questa molteplicità pluralistica Berger individua la causa più importante della calante attendibilità delle tradizioni religiose.
Una possibilità per la teologia consiste nel ripartire dall”uomo e un possibile metodo teologico – secondo l”autore – dovrebbe avere un punto d”avvio antropologico, empiricamente dato, e prendere in considerazione la “fede induttiva”. Questa posizione si pone in consonanza con la teologia liberale protestante inaugurata da Schleiermacher, orientata a indurre a partire da una esperienza che tutti in genere possono fare. “Il metodo della fede induttiva – osserva Berger – è quello che permette di presagire con maggior fondamento una riscoperta della verità religiosa in una chiave intellettuale”.