Antonio Cassese discute la questione dei diritti umani fornendo «qualche punto di riferimento essenziale, più che un'esposizione sistematica ed esauriente» (p. IV). Il volume sviluppa una rete argomentativa che parte dalla definizione stessa dei diritti umani e dalla loro progressiva formazione storica, per rapportare tale definizione alla concreta realtà attuale e, infine, indicare dei criteri operativi alla luce dei quali intervenire nei casi concreti. Sul piano politico-giuridico, la novità rappresentata dai diritti umani consiste soprattutto nell'aver favorito l'emergere, nella normativa internazionale, della dimensione dell'individuo all'interno di uno spazio prima riservato esclusivamente agli Stati sovrani. Oggetto privilegiato di discussione è l'universalità (e l'universalismo) dei diritti umani che, sebbene sia per ora un «mito», è tuttavia la prospettiva della «lenta marcia» iniziata il 10 dicembre 1948, quando l'Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò il Testo Finale della Dichiarazione universale dei diritti umani. Cassese fa risalire l'«essenza» della nozione di diritti umani al concetto di «dignità della persona», presente nella tradizione occidentale sia nella sua versione religiosa (cristianesimo) che filosofica, per essere elaborato soprattutto da Kant: «Nel regno dei fini, tutto ha un prezzo o una dignità. Ciò che ha un prezzo può essere sostituito con qualcosa d'altro a titolo equivalente; al contrario, ciò che è superiore a quel prezzo e che non ammette equivalente, è ciò che ha una dignità» (Fondazione della metafisica dei costumi). Proprio in vista della tutela della dignità umana, Cassese ritiene che in primo luogo sia necessario disegnare efficaci meccanismi di garanzia istituiti a livello universale. Solo in questo modo è possibile accompagnare il progresso fatto sul piano normativo ad un uguale progresso sul piano dell'effettività. La via indicata è, a questo punto, triplice. In primo luogo, sono essenziali la presenza e l'azione incisiva di esponenti della società civile internazionale, oggi raccolti in numerose Organizzazioni internazionali non governative (ONG). In secondo luogo, non basta reagire ex post, dopo che i massacri sono avvenuti, perché occorre creare dei meccanismi preventivi, capaci di bloccare sul nascere stermini di massa. E, in terzo luogo, è ormai tempo che la comunità internazionale individui qualche via per legittimare gli interventi internazionali volti a fermare le atrocità. Tutto questo con la consapevolezza di un paradosso: le azioni a tutela dei diritti umani sono rivolte proprio verso quei soggetti, gli Stati, che sono i principali autori della loro violazione (genocidio, torture, privazione di libertà ecc.).