La storia dell'immagine, come è venuta profilandosi nel nostro contesto culturale, è per larga parte legata al suo declinarsi religioso e specificamente cristiano. Partendo da questa premessa il volume di Bernardi esplora in quali modi la comprensione dell'immagine si è tradotta nel mondo cristiano orientale e occidentale. L'arte cristiana, per il suo radicarsi da un lato in un contesto (quello ebraico) che considerava l'immagine di Dio come idolatrica e per il suo rivolgersi dall'altro a un orizzonte culturale (quello ellenistico) per il quale l'immagine di Dio appariva tanto ordinaria da assumere forme antropomorfiche, si trovò a dover chiarire la direzione da seguire. La via scelta fu quella di creare una nuova forma d'arte in cui le immagini fossero capaci di esprimere adeguatamente la novità del contenuto religioso cristiano. La sfida che si apriva per l'arte cristiana era quella di muovere sostanzialmente sul territorio del realismo, senza però rimanerne prigioniera. Per esprimere la dimensione di ulteriorità l'arte cristiana escogitò una pittura realistica intrinsecamente aperta al simbolismo. L'acceso dibattito ecclesiale che accompagnò lo statuto delle immagini sacre – culminato da un lato con la temperie iconoclasta e dall'altro con il secondo concilio di Nicea (787) che attribuì loro piena appartenenza alla tradizione della Chiesa – sancì la divaricazione tra Oriente e Occidente. La differente rilevanza dogmatica del tema dell'arte figurativa nei due poli del cristianesimo si radica nella diversa funzione che finì con l'essere attribuita all'immagine: mentre in Oriente i difensori dell'immagine si impegnavano a sottolineare il suo valore di venerazione dell'incarnazione autentica di Cristo, in Occidente l'immagine acquistava il valore di semplice modalità divulgativa dell'essenza stessa del cristianesimo. Il cuore dell'arte figurativa dell'Oriente è rappresentato dalle icone, che possono essere pensate come una teologia il cui strumento espressivo non è la parola, ma un'immagine. Nell'Occidente invece il dipinto a soggetto religioso assumerà la funzione di semplice illustrazione del divino e pertanto non avrà un'analoga dimensione teologica, ma un orizzonte prevalentemente estetico (a partire dal Rinascimento): la sua forza consisterà dunque nel suo trasmettere agli uomini il contenuto stesso del mistero cristiano. Nel Novecento si registra la riscoperta occidentale dell'icona sul piano della critica d'arte e dell'estetica, con riflessi sul piano ecclesiale. Questo non in virtù della percezione nell'icona di una maggiore dimensione spirituale, ma di una sintonia tutta estetica tra il gusto del nostro tempo e la tecnica con cui le icone sono realizzate.