L’umorismo è una costante antropologica ed è storicamente relativo. In altri termini, la capacità di rendersi conto che qualcosa è divertente è universale, ma ciò che suscita una reazione umoristica varia enormemente da un’epoca all’altra e da una società all’altra. Tuttavia, al di là di ogni relativismo, il senso umoristico percepisce il comico, cioè qualcosa di incongruo che evoca un mondo distinto dalla realtà ordinaria in cui si annullano i limiti della condizione umana e in cui la sospensione della quotidianità apre squarci verso una realtà trascendente e una promessa di redenzione. Potrebbe essere così riassunta la tesi principale di Peter L. Berger, sociologo dell’Università di Boston con precisi interessi per l’ambito del sacro, documentati, tra l’altro, dai recenti studi Una gloria remota. Avere fede nell’epoca del pluralismo (1984), Il brusio degli angeli. Il sacro nella società contemporanea (1995) e La realtà come costruzione sociale (con T. Luckmann, 1997). Anche in questo nuovo volume la tematica implicita e il finale sono di carattere religioso e rappresentano un esercizio di teologia laica condotto da un “luterano eterodosso”. Il libro si suddivide in tre parti. La prima riguarda l’anatomia del comico, in altri termini ciò che esso è e quali forme assume nell’ambito della vita quotidiana. La seconda è una ricognizione di vari generi o forme espressive della comicità – umorismo bonario, tragicommedia, motto arguto, satira, follia – che chiama in causa le opere di P.G. Wodehouse, Scholem Aleichem, Oscar Wilde, Karl Kraus. La terza parte, infine, coglie le implicazioni religiose del tema: un capitolo su follia e redenzione, un interludio sulla mancanza di umorismo in gran parte dei teologi e un capitolo finale che vede nell’umorismo un segnale di trascendenza. “L’epoca moderna – sostiene Berger – ha eliminato gran parte della magia con cui conviveva l’uomo medievale. Il contro-mondo della follia cominciò a dileguarsi e, tra le altre cose, subì un processo di laicizzazione, adeguandosi a un’epoca che veniva sempre più considerandosi superiore a quelle precedenti per via della sua supposta razionalità. Ma il mondo disincantato, dichiaratamente razionale dell’epoca moderna, generò le sue incongruenze. L’umorismo moderno – conclude il sociologo americano – può essere un portato di quest’evoluzione, tanto una sua espressione quando una reazione contro di essa”.