La raccolta di saggi di Van Delft, corredata da una pregevole introduzione di Carmelina Imbroscio, costituisce un’analisi di grande rilievo dei rapporti tra “rivoluzione scientifica” e “creazione letteraria” tra la fine del ‘500 e la Rivoluzione Francese. L’autore costringe a riflettere sull’analogia apparentemente ossimorica tra frammento e anatomia, soprattutto per quanto riguarda il ‘600. A partire dai primi decenni del ‘600 si stabilisce un nesso preciso tra l’arte dell’anatomista applicata al discorso sull’uomo (costitutivo dell’anatomia morale) e l’anatomia propriamente detta; da qui la scelta e l’affermazione del discorso aforistico (p. 32). I moralisti classici procedono come gli anatomisti: La Rochefoucauld intende fare l’anatomia di tutti i recessi dell’animo; Madeleine de Scudéry pensa all’«anatomia di un cuore innamorato»; Robert Burton si prefigge di «anatomizzare correttamente» la malinconia in tutte le membra del nostro microcosmo (p. 54); Richard Whitlock e Baldassar Graciàn parlano addirittura di anatomia morale (p. 32-33). L’anatomia studia il corpo umano attraverso la dissezione, mentre il frammento è dissezione di un pensiero, con un prologo e un finale, ma li compendia sinteticamente e li esclude con folgorante incisività. Van Delft con caparbietà vuole dimostrare che i frammenti, le massime, sono opere letterarie compiute ed il più delle volte anche liricamente valide, malgrado che molti critici (tra i quali anche Voltaire) le abbiano aspramente criticate. Grazie anche ad uno sguardo comparatista e interdisciplinare e ad una interessante documentazione iconografica, Van Delft mostra come «il frammento, la composizione discontinua, più generalmente la forma breve e lo stile spezzato godono della massima considerazione proprio nel periodo in cui si estende l’attenzione ai “recessi del cuore”, ravvivata a sua volta dai progressi dell’anatomia propriamente detta» (p. 135). Anche se il parallelo non può essere esaustivo e sistematico, diventa naturale mettere in rapporto frammentazione del discorso e anatomia, cioè l’analisi del profondo attraverso il frammento scarno, destabilizzante, incalzante, indagatore, impietoso o perturbante, quale ad esempio il memento mori di Bossuet, che è anatomia dell’anima. Il bisturi del moralista attraversa l’effimero, incide e scarnifica l’apparenza per giungere all’anima dell’individuo. Il libro di Van Delft si presenta pertanto come un contributo originale che offre un nuovo punto di vista, un nuovo modo di guardare al soggetto.