Il saggio, breve ma densissimo, è un elogio di Socrate attraverso una nuova lettura del Simposio di Platone e l’analisi dell’interpretazione di pensatori come Nietzsche e Kierkegaard. Ma se fare l’elogio significa presentare una figura armoniosa prossima alla perfezione, quando si tratta di Socrate questo non è possibile. Il paradosso socratico risiede proprio nel fatto che Socrate fu «il primo grande Greco ad essere brutto», esagerato e buffo come un sileno e un satiro, figura ambigua, inquietante. Nemico della cristallizzazione definitiva, Hadot mostra la destabilizzante complessità di un filosofo che non ha niente da insegnare, la cui filosofia è per lo più esercizio spirituale, nuovo modo di vita, riflessione attiva. Imbarcandosi nell’avventura dialettica Socrate non esita ad assumere su di sé il turbamento, il dubbio, l’angoscia degli altri; il suo metodo, che Kierkegaard farà suo definendolo di “comunicazione indiretta”, non consiste nel confutare direttamente l’altro, ma nell’esporlo in modo tale da farne risultare chiaramente l’assurdità e condurlo a porre in discussione le fondamenta stesse del proprio agire. Socrate si sdoppia: da una parte egli è il solo che possiede in anticipo il senso del discorso, dall’altra egli è sempre pronto a compiere l’intero percorso dialettico insieme al suo interlocutore. In questo senso il procedimento dialettico socratico diventa inevitabilmente un procedimento esistenziale. La maschera di Socrate è l’ironia, la maschera di cui, dirà Nietzsche, ha bisogno ogni spirito profondo, insieme alla “mediocrità”. La superficialità è come una necessità vitale per il pensatore esistenziale. Nel Simposio Socrate ironizza anche sul suo amore: egli finge di essere innamorato fino a condurre l’altro ad amare non tanto Socrate, quanto l’amore stesso, desiderio della Bellezza di cui si è privati. Proprio come Socrate, Eros non è che un appello, una possibilità che si schiude. L’Eros socratico ha dunque la stessa struttura dell’ironia: è coscienza sdoppiata che sente appassionatamente di non essere ciò che dovrebbe essere. Ma se Socrate è Sileno ed Eros, egli è anche Dioniso. Non sorprendono nel Simposio tutta una serie di allusioni al carattere dionisiaco della figura di Socrate, culminate nella scena conclusiva del dialogo in cui Socrate risulta il miglior bevitore. E nemmeno sorprende che paradossalmente, forse inconsciamente, la figura di Socrate venga a coincidere in Nietzsche con quella di Dioniso.