Precisione della percezione ed esattezza della rappresentazione sono indispensabili per capire il significato di un oggetto? La risposta intuitiva, di carattere affermativo, alla questione sollevata da Giovanni Garroni trascura l’importanza epistemologica dell’indeterminatezza semantica. Vi è una morfologia dell’indistinto (e dei suoi gradi di adeguatezza alla natura dell’oggetto) che è necessaria alla comprensione di un carattere ineliminabile della comunicazione, “naturalmente imprecisa”. Per restituire la pluralità insatura del contesto dell’esperienza, dell’ambito dei significati condivisi in cui i sentimenti «acquistano, nella forma dello scambio, molte determinazioni percettive e semantiche» (p. 21), divenendo gli oggetti di una narrazione che ci interessa e ci guida, si deve tematizzare anche il ruolo dell’imprecisione. La supremazia della presenza immediata dell’oggetto – che motiva l’ipotesi irriflessa che ciò che ci sta di fronte si debba sempre poter descrivere con esattezza – ha assegnato una precedenza assoluta alla metafora oculare della visione chiara e distinta, come unico criterio di validità e legittimità della conoscenza. Le allusioni, le incertezze, le ambiguità, le sovrapposizioni di significati sono state espunte come elementi disturbatori dell’equilibrio percettivo e riflessivo. Nella perlustrazione che caratterizza invece oggetti sfuggenti come le nuvole o i disegni dei bambini, le figure duplici della Gestalt o la riduzione di una mappa rispetto al territorio, la caricatura rispetto al ritratto del volto, è dato un tipo di esperienza particolare: tutti questi oggetti “imprecisi” testimoniano il fatto che il significato si costruisce anche in forme e livelli di comunicazione che hanno proprie regole di precisione e norme di codificazione, perché inserite in una cornice di scambi e allusioni. Garroni restituisce gli oggetti alla dinamica della comunicazione: afferrare il senso delle cose, e la forma stessa dell’atto percettivo, sono entrambi esercizi di trasposizione di significati che non sono dati una volta per tutte, secondo canoni fissi di esattezza e precisione, ma possibili nella misura di un gioco molteplice di chiarezza e opacità. La rappresentazione ha sempre una componente narrativa che si deve considerare. E’ lo sguardo dell’architettura che ci restituisce una fenomenologia applicata della percezione, riprendendo il tema di Gombrich sul rapporto fra precisione e percezione, illusione e rappresentazione: guidare la mano nel disegno e la mente nello studio diventano operazioni avvicinabili.