Il lungo, tormentato e contraddittorio rapporto tra il cristianesimo e la sessualità viene acutamente analizzato seguendo due piste interpretative: una (quella seguita da Pelaja) più attenta ai mutamenti intervenuti sul versante normativo e dei movimenti sociali, l’altra (interpretata da Scaraffia) maggiormente focalizzata sul dibattito teologico e la dimensione spirituale coinvolti in questo tema. Le due autrici riescono in questo modo a dare conto di un cammino che si è svolto secondo vie non lineari (non sempre la repressione della sessualità e l’esaltazione della castità sono state le uniche direttive impartite ai fedeli) e che ha posto al proprio centro l’Incarnazione del Verbo, generando quindi un’incessante riflessione sul corpo. Il cristianesimo ha sottratto la sessualità alla sfera naturale inserendola in quella culturale, con un ruolo preciso nella storia della salvezza: per questo motivo essa non resterà reclusa nel recinto della precettistica morale, ma entrerà a far parte della discussione teologica. Il dualismo tra innocenza e peccato, tra il desiderio e il suo contenimento, riceve ampia attenzione da un lato grazie all’esaltazione dell’ascetismo e del celibato dei religiosi, dall’altro dalla riflessione sul matrimonio e sulla sua natura. A partire dal XII secolo e fino all’età moderna la rappresentazione del rapporto tra corpo e spirito conosce un’evoluzione che spinge nella direzione della loro unità armonica, abbandonando la pratica del disprezzo e della mortificazione del corpo. Uno degli obiettivi perseguiti con particolare impegno dopo il Concilio di Trento è l’intervento sulle coscienza, caratterizzato dall’ambizione di governare le fantasie dei fedeli. Il processo di secolarizzazione avviato con l’Illuminismo viene successivamente contrastato attraverso la pratica della confessione, rivolta essenzialmente alle donne: al tema del controllo delle nascite la Chiesa risponde con l’esaltazione del ruolo sacrificale delle madri. Nel Novecento la morale sessuale viene affrontata con specifici documenti pontifici, con la consapevolezza che non si tratta unicamente di un peccato individuale. Da allora questo tema è stato considerato dai laici come un banco di prova decisivo per valutare la disponibilità della Chiesa ad accettare i cambiamenti avvenuti nella società relativamente al rapporto tra le coppie. E’ tempo, concludono le autrici, che il comportamento sessuale torni ad essere problema collettivo e che si trovino punti di contatto tra una concezione che lo colloca esclusivamente nell’ambito della libertà individuale e una che lo considera specifico di una dimensione spirituale che deve tener conto di norme e regole definite.