Dopo la cristianità riprende a distanza di sei anni il discorso cominciato con Credere di credere e consistente in un ritorno a, o in una ripresa di, tematiche religiose nell’epoca della post-modernità. Ciò a partire da un duplice moto che mentre avvia la riflessione filosofica a partire dalla personale e singola esperienza esistenziale, ne rintraccia la profonda sintonia con lo “spirito del tempo”, che pare caratterizzato dalla rinascita dell’interesse religioso. L’età contemporanea si configura però come epoca post-metafisica (centrali a questo proposito sono le riflessioni di Nietzsche e Heidegger, autori di riferimento di Vattimo), conoscendo una generalizzata erosione di quelle verità oggettive e metafisiche a cui precedentemente il pensiero umano si sottometteva o si adeguava teoreticamente e moralmente. Di conseguenza, non trovandosi più, da un lato, alcuna «metanarrazione direttiva» o alcun «metalinguaggio normativo» e, dall’altro lato, essendo venute meno anche le ragioni forti dell’ateismo, si pone con urgenza la questione intorno alla religione e alle motivazioni per cui oggi si debba rifuggire da una ricaduta nei «fondamentalismi religiosi, o etnico-religiosi, o religioso-comunitaristici, che vediamo pullulare intorno a noi». In che senso va dunque ripensato e deve essere inteso oggi il ritorno alla religione? Come può il pluralismo post-moderno – è questo l’intento di Vattimo – permettere «di ritrovare la fede cristiana»?
La chiave di lettura del volume consiste nell’idea di concepire la «modernità come secolarizzazione, e cioè come sviluppo interno e ‘logico’ della rivelazione ebraico cristiana, e vederne poi l’esito filosofico nella dissoluzione della metafisica e nell’emergenza dell’essere come evento». L’essenza della rivelazione ebraico-cristiana consisterebbe dunque nell’annuncio della verità come destino di «inde-bolimento» e di «alleggerimento» dell’essere, di cui è simbolo la kénōsis divina visibile nell’incarnazione di Gesù Cristo.
La presenza del messaggio cristiano nel cuore sia della modernità sia del suo oltrepassamento (e dunque nella storia della civiltà occidentale) è fatta valere da Vattimo come suggello per mostrare come la kénōsis – archetipo di indebolimento dell’essere (più che come fatto storico puntualmente e realmente accaduto) e conseguentemente presupposto per l’apertura dello spazio interpretativo e pluralistico della post-modernità – possa, proprio per ciò, valere come paradigma e criterio per una relazione interpretativa con la verità che presenti i tratti della carità, della dialogicità e della «laicità».