Se da un lato la modernità ha condotto all’affermazione delle capacità tecniche dell’homo faber, dall’altro non si può fare a meno di riconoscere nell’età contemporanea una tendenza inquietante all’erosione dei significati vitali profondi che, ancora nella prima età moderna, parevano riuscire ancora a serbare intatto il senso dell’essere. Destini personali si inserisce a pieno titolo tra le opere interpreti di questa ambiguità del moderno, seguendo le peripezie tramite cui l’individuo (il soggetto, l’io, l’identità personale) si è prima costituito e si è poi frantumato, “colonizzato” dai totalitarismi novecenteschi ai quali però è riuscito a sopravvivere, avanzando di nuovo la propria richiesta di senso. La peculiarità dell’approccio di Bodei – evidenziato dal richiamo alle altre due opere del suo “trittico sulla genesi e sulla struttura del moderno individuo occidentale”, cioè Scomposizioni (Torino 1987) e Geometria delle passioni (Milano 1991) – consiste nella scelta di privilegiare, come momento filosofico imprescindibile della contemporaneità, la costituzione dinamica del soggetto umano, quale unico e reale punto di accesso pratico-gnoseologico alla realtà. Tale dinamica non si è però svolta, nel pensiero occidentale, secondo un percorso univoco, potendosi piuttosto osservare “due linee divergenti di sviluppo: quella dell’individuo e della sua autonomia e quella dell’eliminazione o della denigrazione del principium individuationis” (p. 37). La prima traiettoria conduce da Locke a Nietzsche, da Proust a Simmel e Pirandello, la seconda da Schopenhauer a Le Bon, da Gentile ai totalitarismi novecenteschi. Non è che qui si tratti di scegliere la prima a scapito della seconda, visto che quest’ultima reca al cammino di formazione della coscienza un bagaglio di oggettività ed alterità di cui l’io non può fare a meno. Si tratta di capire infatti come oggi la questione della costituzione della soggettività non debba passare “attraverso il potenziamento dell’autoriflessione, ma attraverso l’incremento di complessità della relazione stessa” (p. 76). Bodei, sottolineando l’essenziale intersoggettività dell’io, insiste affinché ci si muova in direzione di un equilibrio “Io-Noi”, eseguendo “preliminari esercizi di perplessità sui segnali del presente, mettendoci più spesso al posto degli altri (sorgenti da cui scaturisce il nuovo), per poi provare a immaginare diversamente noi stessi e il nostro mondo” (p. 277). Solamente un io così costituito sarebbe, infatti, in grado di far fronte alle sfide della libertà e della responsabilità.