Nella storia del pensiero occidentale, il rapporto produttivo tra il politico e le sue rappresentazioni ha trovato nella metafora del corpo organico una potente e fortunata immagine. Adriana Cavarero, muovendosi nella prospettiva teorica del pensiero della differenza sessuale, traccia qui un percorso critico dell’utilizzo di questa metafora, ridisegnando il profilo cancellato dei paradossali e “impolitici” corpi di Antigone e di Ofelia. La natura logocentrica della riflessione filosofica che discende da Platone, inseguendo l’unità del molteplice, sembra portare con sé la dissoluzione di ogni diversità, organizza e disciplina il soma incoerente a vantaggio dell’equilibrio razionale della psiche. Così la polis, come il cosmos risulta un universo ordinato, mentre la separazione tra anima e corpo funziona rigorosamente a svantaggio di quest’ultimo. Di più: “proprio a partire dai Greci, nella rappresentazione simbolica dei due sessi la corporeità come tale, in quanto carnea componente dell’esistere, viene assegnata soprattutto alle donne, mentre invece agli uomini tocca la più gloriosa componente del logos, e cioè l’unica che possa dirsi specificamente umana.” (p. 9). Il corpo e il femminile acquistano dunque il medesimo destino, lo stesso di Antigone che, disobbedendo alla Legge, viene punita a morte e sepolta fuori dalle mura di Tebe, consegnata all’orrifico caos della Kora. Il corpo maschile, che possiede culturalmente come propria la “cura di sé”, può diventare invece immateriale modello dello “stato perfetto”. Inizia così una figurazione della politica e del reale che solo in apparenza è sessualmente neutra, ma di fatto procede a una rimozione del femminile negandolo ontologicamente e riducendolo, nel moderno, a una pallida ed evanescente icona. In nome di un nuovo ordine morale e fisico di controllo e disciplinamento, l’uomo hobbesiano pensa allo stato come a un enorme corpo-macchina che ha in un sovrano/tiranno, fisiologicamente extra partes, la sua artificiale unità e la sua anima. In quest’epoca di grandi regine, ma non di simboli femminili della regalità, se la regina Gertrude ha in sé la dissolutezza e l’oscenità attribuite al suo sesso, Ofelia, con la sua follia e la sua estraneità, funziona come segno rivelatore della ‘putredine’ del corpo politico. Scivolando nell’acqua nera, Ofelia ritorna anche a un’acquaticità primigenia e rivela una possibilità del femminile di morire, ma insieme di rinascere in una nuova dimensione. Quella di una riscrittura del mito e della storia che la Cavarero propone attraverso gli esempi filosofici e letterari de La tomba di Antigone di M. Zambrano e l’Ondina di I. Bachmann.