In tutti i fenomeni di rilevanza internazionale è possibile notare una crescente sovrapposizione tra l’ambito della politica e quello della vita: dall’elemento etnico alle questioni sanitarie, assistiamo a un progressivo schiacciamento della politica sul dato puramente biologico, con il passaggio da una politicizzazione del dato biologico a una biologizzazione del politico, che fa della conservazione riproduttiva della vita l’unico progetto fornito di legittimità universale. Nel momento in cui crollano le distinzioni moderne tra pubblico e privato e si inaridiscono tutte le fonti di legittimazione, la vita si accampa al centro di ogni procedura politica, che diventa così “politica della vita”. L’interesse per la biopolitica ha attraversato varie fasi – dalla declinazione organicistica degli anni Venti a quella neoumanistica degli anni Sessanta in Francia, fino a una ripresa di tipo naturalistico, tuttora in corso nel mondo anglosassone – e ha conosciuto con Foucault uno dei momenti di più attenta teorizzazione, che mira all’individuazione dei motivi che hanno condotto la produzione di massa della morte a diventare l’esito della modernità. Contrariamente a Foucault, Esposito non pensa “vita” e “politica” come originariamente distinti e solo successivamente collegati ed è per questo che ritiene necessario elaborare una diversa chiave interpretativa capace di collegare le due polarità in un nesso più complesso. Questa chiave è il “paradigma immunitario” (già indagato da Esposito nel suo precedente volume, Immunitas) in cui vita e politica risultano i costituenti di un inscindibile insieme che assume senso soltanto a partire dal loro rapporto. Da questo punto di vista, al contrario di quanto presupposto nel concetto foucaultiano di biopolitica, non esiste un potere “esterno” alla vita. Questa declinazione dei rapporti tra vita e politica è evidente in Hannah Arendt che ha colto fin dall’inizio la radice moderna della biopolitica, sottolineando l’emergenza della categoria di vita in sostituzione di quella, di derivazione greca, di “mondo in comune”. Questo sostituzione coincide inoltre, afferma Esposito, con la crisi attuale della politica sotto la duplice pressione del lavoro e della produzione. Una soluzione al problema biopolitico può essere individuata soltanto convertendo la declinazione immunitaria (negativa) delle categorie di “vita”, “corpo” e “nascita” in una direzione aperta al senso più intenso della communitas, attraverso cui sarà possibile tracciare una biopolitica affermativa: non sulla vita, ma della vita, tale da inscrivere nella politica la potenza innovativa di una vita ripensata in tutta la sua complessità.