L’opera e la figura di Constant sono state per troppo tempo legate all’immagine di un percorso intellettuale frammentario, biograficamente segnato da contraddittorie scelte pubbliche e private. La prima suggestiva risposta di Todorov a questo stereotipo muove da una considerazione sullo stile del pensatore francese, moderno in quanto spoglio e disadorno; e moderno anche perché impietoso sulle debolezze dell’individuo, piuttosto che compiacente espressione dei suoi caratteri eroici secondo un gusto romantico. Attraverso registri concettualmente lontani come la letteratura, la filosofia politica, gli studi religiosi e i testi autobiografici si può così giungere ad una visione unitaria del pensiero di Constant. Le diverse fasi del suo percorso esistenziale e artistico, perfino le pagine dei diari che sviscerano crudamente la logica dell’interesse amoroso, aiutano a comprendere il suo sforzo teorico, lineare nel tempo, di legittimare e fondare una visione liberale e democratica dello Stato fondata su una concezione antropologica che, sulla scia di Rousseau e Montesquieu, tende a tenere unita naturalità e artificialità. Una visione ‘strategica’ (e non assoluta) della politica, centrata sulla moderazione e finalizzata alla realizzazione dell’ideale della “Rivoluzione senza terrore”, prevale proprio in virtù di una riflessione filosofica sulla natura umana, e non ‘solo’ per questioni etiche o pragmatiche. Neppure il potere legittimo del popolo sovrano può essere pensato senza limiti, perché nessun potere può arrogarsi il diritto d’intaccare la sfera della libertà individuale. La visione politica di Constant ha un carattere che Todorov non esita a definire “indeciso”, ma in un senso che aiuta a coglierne l’originalità: in Constant non è infatti pensabile una difesa acritica e unilaterale dei valori della “libertà dei moderni”, di cui devono essere compresi i limiti e l’incompiutezza. In una prospettiva antropologica, Constant rifiuta l’immagine dell’uomo fondata su un’artificiosa scissione della sua socialità dalla sua naturalità. L’uomo non agisce perseguendo un mero scopo biologico: il suo slancio alla trascendenza è, al contrario, il “centro mobile” della sua esistenza. Proprio per questo, verità e ragione non bastano da sole a restituire tutto lo spettro dei significati di umanità. Il mondo pubblico ha bisogno che i valori della dignità umana siano comunicati, ricercati piuttosto che affermati con autorità. Constant, “uomo del dialogo”, testimonia così la forza di una passione democratica, forse “indecisa” e in apparenza contraddittoria, ma per questo straordinariamente vicina al lettore contemporaneo.