Il principale bersaglio polemico di questo solido e ben documentato volume è il concetto, o meglio il luogo comune, secondo cui nei cinquant”anni precedenti la grande rivolta giudaica del 66 d.C. sarebbe esistito un forte e organizzato movimento antiromano in Palestina. Correntemente, tale orientamento viene definito mediante l”espressione “gli zeloti”; il problema appare in tutta la sua chiarezza non appena ci si accorge che, in realtà, Flavio Giuseppe non usa mai questo termine, nella Guerra giudaica, prima dei tragici eventi dell”inverno 6768 d.C., allorché le truppe di Vespasiano, dopo aver conquistato la Galilea, obbligarono migliaia di profughi a fuggire verso Gerusalemme. Gli zeloti storici, dunque, furono solo uno dei numerosi movimenti che sorsero durante la guerra; prima di essa questa la conclusione degli autori semplicemente non esistevano. Una volta penetrati a Gerusalemme, essi agirono con notevole violenza contro l”aristocrazia sacerdotale e la nobiltà erodiana; tale atteggiamento si spiega tenendo conto dell”esasperata situazione sociale che caratterizzava la Palestina negli anni precedenti il conflitto e che, pertanto, aveva visto sorgere numerosi gruppi di banditi, soprattutto in Galilea. Gli zeloti, inoltre, diedero vita a Gerusalemme a quella che Horsley e Hanson chiamano “una teocrazia egualitaria”: essi, infatti, scelsero per sorteggio chi doveva ricoprire le più alte cariche sacerdotali; la procedura del sorteggio, in realtà, significa da un lato che la scelta ultima era riservata a Dio, ma anche, dall”altro, che anche individui comuni e di bassa estrazione potevano accedere alle più elevate cariche politico-religiose. Con orrore, in effetti, Giuseppe constata che venne insediato, come sommo sacerdote, un rozzo campagnolo, talmente incolto da non sapere neppure quali funzioni dovesse svolgere. Infine, gli autori insistono con particolare veemenza sul fatto che gli eroici difensori di Masada non erano affatto zeloti; Giuseppe, effettivamente, li chiama “sicari” e li considera un gruppo politicoreligioso a se stante. Essi, in un primo tempo, ebbero come guida Menahem il quale, nel 66 d.C., avanzò chiare pretese messianiche; dopo che Menahem fu ucciso dalle truppe incaricate di mantenere l”ordine nel Tempio, i sicari si rifugiarono, appunto, a Masada, da dove uscirono solo occasionalmente, più per rifornirsi di viveri che per combattere i Romani. Infine, piuttosto di arrendersi, i sicari di Masada preferirono – stando al racconto di Giuseppe – suicidarsi collettivamente.