Lo storia, narrata nel Libro della Genesi, è nota: gli uomini si impegnano a costruire una torre che arrivi fino al cielo, ma Dio reagisce disperdendo i costruttori e confondendo le lingue. Al mito di Babele – e quindi alla maledizione dell”uomo e al suo destino di nomade – è dedicato Babel ou l”inachèvement, l”ultimo libro di Paul Zumthor (1915-1995), medievista di fama internazionale e letterato (ha pubblicato racconti e romanzi), di recente scomparso.
Il volume si apre con una sintesi che ripercorre le conoscenze, le riflessioni e le interpretazioni che riguardano la torre di Babele (dalla Bibbia al Talmud, dal Medio evo alle rappresentazioni artistiche) e prosegue con una meditazione sull”unità e la dispersione nel mondo moderno, sulla “babelizzazione” del mondo.
Quel breve testo biblico di soli nove versetti (Gn, 11, 1-9), costruito – secondo Zumthor – con il rigore di una novella di Kafka, ha assunto il valore di una metafora che indica il disordine estremo, gli eccessi e l”impossibilità di comprendersi. Ma, al contrario dei miti greci, il racconto non prevede eroi e porta in scena solo personaggi collettivi e senza nome. Babele – spiega l”autore – possiede una doppia esistenza: la sua storia è stata narrata, ma continua a farsi e per un popolo antico essa indica un”angoscia o una speranza che le nostre ricerche filologiche e archeologiche ci permettono di circoscrivere più che di comprendere. “E” impensabile guardare alla nostra Torre di Babele come ad una figura allegorica, perchè è proprio dell”allegoria offrirsi senza resistenza alle interpretazioni razionali esaustive. Babele non è, propriamente parlando, segno di niente, non si presta a descrizioni semiotiche troppo nette”.
Saggio incompiuto su un tema che ha appassionato il suo autore per tutta la vita, il volume rinvia, per affinità tematica e rigorosa suggestione, alla ricerca condotta dall”ellenista Maurice Olender nel libro Le lingue del Paradiso. Ariani e Semiti: una coppia provvidenziale (Bologna, Il Mulino, 1991, p. 227). Che lingua parlavano nell”eden Adamo, Eva, Dio e il serpente? L”ebraico, il greco, il latino o qualche altro primitivo idioma indoeuropeo? Questo interrogativo chiama direttamente in causa il tema più generale della matrice primigenia che ha formato la civiltà. E a partire da questa antica questione teologica si possono ripercorrere scelte, smarrimenti e indecisioni dei padri fondatori delle grandi discipline, dalla filologia alla linguistica alla storia delle religioni.