A partire da una riflessione sulla nostra epoca, figlia dell’industria culturale, animata sia da spuri tentativi di revisionismo storico, che da persistenti "rivendicazioni della memoria", individuale o collettiva, Roger Chartier si cimenta in un compito quanto mai ambizioso. Per poter "ascoltare il passato con gli occhi", Chartier fa interagire fra loro critica testuale, storia del libro e sociologia culturale, collegando lo studio dei testi a quello delle forme che concedono loro l’esistenza e delle appropriazioni che li investono di senso. Se è vero, come vuole Paul Ricoeur, che una storiografia arida non ha vita facile nel momento in cui entra in scena la memoria a rappresentare il passato, opponendo la forza e l’autorità del ricordo, allora la storia può farsi storiografia critica se, restando fedele alle proprie specificità, sa rispettare le esigenze plurisemantiche della memoria. A ragione, Chartier ci ricorda come per Borges il libro non sia un ente privo di comunicazione, ma una relazione dotata di una propria autorità, un asse di molteplici relazioni, ragion per cui si rende più evidente l’importanza di una "storia della lettura" all’insegna della validità euristica della nozione stessa di "appropriazione". Con questi richiami, l’Autore intende sottolineare tanto il valore delle categorie intellettuali ed estetiche dei vari pubblici quanto le abitudini e le convenzioni sedimentate nel tempo, che fanno dello scritto "una potenza temuta e desiderata". Le trame concettuali su cui Chartier intende costruire le linee guida del suo progetto si riassumono in tre nodi fondamentali: l’autorità affermata o contestata dello scritto, la mobilità del significato e la produzione collettiva del testo. Un approccio analitico, dunque, che vede la centralità del momento interpretativo attraverso la proposizione di un senso possibile ma inatteso, oltre il mero "sfoggio automatico e impersonale del linguaggio". Questa operazione è resa possibile grazie all’incrocio di due assi che regolano ogni approccio di storia o di sociologia culturale: un asse sincronico, che contestualizza l’opera nel suo tempo mettendola in relazione con altre a lei contemporanee; e un asse diacronico, che la inscrive nel passato del genere o della disciplina. Chartier è molto efficace quando, nel capitolo conclusivo, attraverso Pierre Bourdieu, fa valere un criterio di analisi necessario sia per distinguere fra i modi consueti della produzione letteraria che per decostruire ogni identità – dei "soggetti" come delle forme culturali e delle istituzioni – evidenziandone l’interna composizione plurale. Sono da segnalare a questo proposito gli avvertimenti "contro l’illusione per cui si parla al singolare di quelle che sono traiettorie condivise", nelle quali la relazione io/noi si mostra come un campo di relazioni complesse in cui, così come il noi è localizzato – è sempre soltanto una prospettiva singolare sul tutto – nella storia della cultura scritta, l’io dello scrittore è globalizzato, avendo in sé non una ma molte, indefinite prospettive.