Pubblicato nel 1974 a cura di S. Metz e H.-H. Hildebrandt, Antike und Moderne in der Asthetik der Goethezeit è una raccolta di lezioni, il cui materiale originale risale a un corso tenuto a Berlino nel 1961-62, contenuta nel primo volume di Poetik und Geschichtsphilosophie (Poetica e filosofia della storia) . Il titolo generale che è stato dato all’edizione dei corsi del filosofo ungherese è sicuramente emblematico e costituisce di per sé una dichiarazione di principio sul tipo di approccio all’argomento che si vuole discutere. L’intenzione è quella di introdurre alla filosofia dell’arte tedesca dell’ultimo terzo del secolo XVIII, attraverso l’interpretazione di alcuni importanti scritti estetici e poetologici, partendo dal presupposto che tra estetica, poetica e filosofia della storia vi sia uno strettismo legame. Il passaggio dell’estetica normativa e astorica dell’illuminismo a quella storica, o storico-filosofica, di Sturm und Drang, protoromanticismo e idealismo tedesco non può essere compreso se non a partire dal “valore posizionale della poetica all’interno dell’estetica filosofica nel suo complesso” (p.32). Una poetica che dispiega il suo carattere filosofico e speculativo a discapito di quello formale precettistico senza prendere le distanze dalla multiformità del mondo artistico, nello sforzo di metterne in risalto proprio l’aspetto individuale storico. Ciò che interessa è la temporalità, la compresenza di passato, presente e futuro che l’opera incarna: come ricorda R. Bodei nell’introduzione, il passato è la tradizione formale che l’artista eredita, il presente la materia attuale e il futuro il rimando utopico che rende l’opera qualcosa di sempre aperto. Nell’epoca in questione si passa dalla definizione, per sua natura a-storica, alla fenomenologia del mondo vitale dell’arte: “la questione dell’essenza del bello è diventata così tutt’altra questione: se si diano diverse specie del bello, se il bello si trasformi” (p.33). Il paradosso di fondo è che tale ricerca deve necessariamente passare per uno studio più intenso dell’arte greca. Tra modernità e antichità Szondi non coglie quindi una netta contrapposizione, ma una sorta di reazione chimica, che ha l’effetto di rivelare una seconda coppia di elementi, di natura geografica e non solo temporale: quella tra est e ovest, tra l’occidente e l’oriente del pensiero, che Herder e Hölderlin non esitano a identificare con la Grecia.