Rispetto alle opere che si chiedono che cosa è la verità, questo testo si interroga su ciò a cui serve la verità, facendo riferimento sia all'impostazione neopragmatista di Rorty sia alla tensione a comprendere la funzione della verità che Engel fa propria pur mantenendosi fedele a un approccio classico fondato sull'interpretazione della verità come valore epistemologico dotato di dignità in sé. Dell'incontro promosso alla Sorbona nel 2002, in occasione del quale Engel e Rorty si erano confrontati sul tema della verità, il volume mantiene l'impostazione dialogico-dialettica, contraddistinta da una presentazione critica del pensiero di Rorty da parte di Engel, dalla risposta di Rorty e da un dibattito finale. Tale particolare impostazione fa sì che un tema spinoso come quello della verità, spesso invocato per rafforzare contrapposizioni ideologiche più che per ricercare un terreno comune potenzialmente condivisibile da più interlocutori, divenga all'opposto occasione per ripensare quale sia il più ampio rapporto tra il soggetto conoscente e gli oggetti conosciuti; in quale modo il linguaggio orienti alla verità e possa aiutare a decifrarla; quale sia il ruolo della giustificazione e della credenza e se queste dimensioni non possano forse proporsi come alternativa credibile ed euristicamente feconda al concetto di verità. Rorty, così, si richiama al rapporto tipico del pragmatismo tra verità, utilità e azione, citando il motto di William James per il quale «se un dibattito non ha incidenza pratica non deve avere nemmeno incidenza filosofica» e suggerendo che la verità non sia né norma né scopo ultimo: al contrario, per Rorty devono essere dissipati i miti e le illusioni che la circondano. Engel, invece, propone di individuare a fianco della "tesi concettuale", che definisce la verità come norma, una "tesi etica" (la verità è un valore in sé) e una "tesi epistemologica" (la verità è scopo della ricerca), mettendo in rilievo le "virtù morali" di veridicità, sincerità e fiducia coinvolte in ogni discorso vero. Il lettore si trova di fatto immerso in un "esperimento mentale" di grande portata, nel quale gli è chiesto non tanto di prendere posizione per uno dei due contendenti, bensì di chiarire a se stesso che cosa egli realmente intenda con "verità", se la definizione forse implicita di verità su cui fonda il proprio pensare e il proprio agire sia più o meno coerente. Ne risulta un testo avvincente, in cui le distinzioni tecniche proprie delle correnti filosofiche neopragmatista, analitica e continentale sembrano costituire solo il punto di partenza per un dibattito capace di mantenere una sua incisività anche in un contesto differente da quello che lo ha generato.