Platone tragico. tra Euripide, Socrate e Aristotele
Platone viene spesso considerato un pensatore antitragico perché afferma la solubilità dei conflitti dell’anima, sia attraverso una politica delle alleanze tra le sue diverse parti, sia attraverso le procedure del dialogo. Come nota Remo Bodei nell’Introduzione, l’autrice del volume prova invece a individuare in Platone anche il pensatore “tragico” che si oppone a ogni forma di intellettualismo etico. Il libro ricostruisce infatti un percorso di riflessione morale che si origina dalla Medea di Euripide dove si presenta per la prima volta la consapevolezza di un animo dilacerato. L’immagine socratica del filosofo lontano dai conflitti pulsionali, quale emerge nel Gorgia e nel Fedone attraverso la rigida separazione tra ragione e desiderio, cede il passo, nella Repubblica e nelle Leggi, al riscatto degli elementi passionali, attraverso un modello “pluriarticolato” di anima. L’analisi aristotelica permetterà di rintracciare già nell’ultimo Platone la positività dei conflitti sotto il segno della vitalità e dell’energia psichica. Sulla scia di alcune recenti interpretazioni, l’immagine a cui approda il volume è dunque quella di un universo platonico non pacificato, che rende pensabile la costruzione della soggettività morale come processo a rischio di degenerazione e ci riconsegna una razionalità duttile a continuo e pericoloso confronto con le altre forze che abitano l’anima. Il filosofo-uomo, acquistando spessore tragico, ha forse perduto la sua serenità ma non certo la sua giustizia.
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