Quale fu il ruolo dei confessori del re nelle monarchie cattoliche dell’Europa moderna? Nicole Reinhardt, docente di Storia della prima modernità europea all’University of Durham, affronta tale questione nell’e-book Spin Doctor della coscienza. I confessori del re e il principe cristiano, ricostruendo le fasi salienti dell’evoluzione della figura del confessore reale tra Cinquecento e Seicento in Francia e in Spagna.
Il volume, che appare nella collana “iRèfoli”, è il frutto dell’accordo editoriale tra la Fondazione Collegio San Carlo e la casa editrice Marietti 1820.
Vi invitiamo a leggere in anteprima l’introduzione dell’e-book di Nicole Reinhardt.
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Nel 1746 il gesuita Nicolas Gallo scrisse una lunga lettera nella quale, adducendo come motivazione il suo cattivo stato di salute, declinò l’invito a diventare confessore del re di Spagna Ferdinando VI (1746-1759). Il confessore del re, infatti, non era soltanto colui che, di tempo in tempo, tendeva l’orecchio per ascoltare la confessione del sovrano. In fondo, questo sarebbe stato, secondo Gallo, un impegno minore, poiché il vero problema risiedeva piuttosto nella dimensione pubblica che caratterizzava l’ufficio del confessore e che lo rendeva il principale consigliere del monarca. Nessuno tra i numerosi altri consiglieri del re poteva prendere il suo posto perché nessuno, se non lui, era in grado di giudicare i rischi morali legati alla politica. Gli altri consiglieri non potevano proteggere la coscienza del principe dalle insidie del peccato, che non era mai una questione privata, ma metteva sempre a rischio la “pubblica felicità”.
Per di più, di recente il problema si era aggravato. Da quando i Borboni dominavano la Spagna, infatti, il governo tradizionale per mezzo dei consigli era stato abolito. A causa della sua fragilità, Gallo si sentì inadeguato a gestire la nuova forma ministeriale di governo, che esacerbava e personalizzava il conflitto ideologico. Se anche ipotizzassimo che fu un gesto di umiltà religiosa a indurre Gallo a sovrastimare l’importanza della carica che gli era stata offerta, il suo giudizio sul ruolo del confessore nelle corti e in politica, espresso molto tempo dopo la fine dell’età della confessionalizzazione, solleva diverse domande. In questa sede, proverò a sviluppare alcuni problemi teorici e pratici relativi alla confessione e al consiglio nell’Europa della prima modernità.
Sebbene i confessori reali esistessero fin dal medioevo, infatti, l’emergere della figura del confessore come consigliere del sovrano è un tratto specifico della prima età moderna, quando i confessori del monarca non furono più considerati soltanto i membri delle cappelle reali. In che modo era definito l’ufficio del confessore reale? Quale fu l’evoluzione a cui andarono incontro queste definizioni? Le prescrizioni normative potevano influenzare le decisioni politiche? Come si relazionavano i confessori con gli altri consiglieri reali e in particolare con i favoriti del re? Per rispondere a queste domande, mi concentrerò sui testi normativi che riguardano la confessione e i confessori reali e analizzerò il loro impatto sul piano concreto. I casi di cui tratterò appartengono prevalentemente al contesto francese e spagnolo. Questo ci consentirà di osservare le differenze e gli effetti transnazionali nei processi di “concettualizzazione” della pratica del consiglio del re e della sua istituzionalizzazione.