Le relazioni informali nelle organizzazioni formali: a un primo sguardo sembra che questi due concetti siano apertamente contraddittori. Le relazioni informali, vale a dire le relazioni personali, che non sono regolate a livello giuridico o fissate in forma scritta, le relazioni amicali e parentali, le relazioni clientelari e del patronage mirano a ottenere benefici per il singolo e per i suoi familiari. Con l’espressione “organizzazioni formali” si indicano invece i poteri dello Stato moderno, le istituzioni cioè che devono aspirare al raggiungimento del benessere collettivo e al tempo stesso trascurare espressamente gli interessi privati del singolo. Dal punto di vista dell’oggi diremmo che le relazioni informali danneggiano le organizzazioni formali dello Stato e i suoi poteri. Non vorrei oppormi a quest’affermazione per principio, ma vorrei proporre un’interpretazione che ponga il rapporto, in apparenza inconciliabile, tra organizzazione formale e relazione informale in una luce diversa. Il mio esempio è tratto dalla storia dell’amministrazione dello Stato nella prima età moderna e la mia tesi di fondo è che esista una sorta di “formalizzazione dell’informale”. Vorrei mostrare cosa si nasconde dietro questa formulazione un po’ ingombrante in tre momenti. In primo luogo, illustrerò le ragioni a causa delle quali il concetto classico di burocratizzazione non è adatto a spiegare la natura delle relazioni informali. In secondo luogo, per rendere analiticamente tangibili le relazioni informali suggerirò un’interpretazione alternativa, che consiste nel sostituire la categoria classica della burocratizzazione con il concetto di formalizzazione preso a prestito dalla sociologia dell’organizzazione. Nella terza parte, infine, vorrei descrivere quali fenomeni possono essere chiariti con questa nuova interpretazione, facendo riferimento a un esempio concreto che riguarda la Curia romana e lo Stato della Chiesa.