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La firma del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, avvenuta a Roma il 29 ottobre 2004, ha aperto un vasto dibattito nel mondo politico, nella società civile e negli ambienti accademici. A differenza di quanto avvenuto con riferimento a precedenti pietre miliari nel cammino dell’integrazione europea, la discussione si è diffusamente incentrata, anche al di fuori della ristretta cerchia dei “giuristi”, su problematiche squisitamente giuridiche, segnatamente su categorie concettuali legate alla teoria delle “fonti del diritto”. Ciò è legato in primo luogo all’impiego del termine “costituzione”, nel titolo e nel testo del nuovo atto fondamentale. Ci si è così domandati se il documento firmato a Roma costituisca un semplice “trattato” internazionale, alla stregua dei precedenti che hanno segnato le diverse fasi della costruzione europea, ovvero se in esso possa vedersi una vera e propria costituzione, assimilabile a quelle proprie degli Stati, e dunque un decisivo salto di qualità verso la trasformazione dell’Unione, nata quale organizzazione internazionale, in una vera e propria “federazione”. Ne è in effetti scaturita una delle più approfondite riflessioni che si ricordi sulla nozione di “costituzione”.
A tale problema di fondo si ricollegano, a ben vedere, anche le discussioni relative a questioni più specifiche, quali ad esempio l’omesso riferimento alle radici cristiane (o giudaico-cristiane) tra i valori dell’Unione europea oppure il mancato accoglimento del principio del ripudio della guerra o degli ideali del pacifismo. L’eco suscitata da tale discussioni, e l’asprezza delle prese di posizioni in materia, è stata invero amplificata, se non determinata, dalla qualificazione del nuovo testo quale Costituzione per l’Europa. Risulta dunque importante chiedersi quale sia l’effettiva natura, dal punto di vista giuridico, del testo firmato a Roma e se la sua nominale qualificazione in termini di costituzione sia da salutare con favore o, al contrario, da ritenere fuorviante e finanche rischiosa per il successo della riforma avviata a Laeken nel 2001.
D’altra parte, una lettura del nuovo trattato costituzionale secondo le categorie concettuali proprie dell’ermeneutica delle fonti del diritto consente di richiamare l’attenzione su alcune tra le innovazioni più significative, se non caratterizzanti, il Trattato di Roma. Si pensi al significato dell’esplicita sanzione del principio della preminenza del diritto dell’Unione sul diritto degli Stati membri (art. I-6), alla portata dell’incorporazione, nella parte II del trattato costituzionale, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, al riordino del sistema delle fonti del diritto derivato dell’Unione ed all’introduzione di elementi di gerarchia al suo interno.
Riferimenti Bibliografici
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