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Nonostante le difficoltà legate alla valutazione del lavoro di persone come Volta o di strumenti come la batteria, i maggiori interpreti dell’illuminismo sono stati sempre ben consapevoli dell’influenza esercitata dall’illuminismo sulle società industriali più tarde. Questi interpreti, tuttavia, hanno sistematicamente ignorato l’importanza della “diversità” e delle conseguenze non intenzionali che hanno agito (e che apparentemente continuano ad agire) nel mondo della scienza e della tecnica, tipico delle nostre società industriali. Tale rimozione ha avuto conseguenze devastanti poiché ha portato sia i sostenitori sia i critici dell’illuminismo a perpetuare due contrastanti ma simmetriche distorsioni della sua eredità. I fautori dell’illuminismo hanno avuto la tendenza a imporre ai loro predecessori l’idea secondo la quale la scienza e la tecnica sono attività puramente razionali, ordinate e intenzionali: insomma, un modello da imitare in tutti gli altri ambiti della ricerca umana, se si vuole tenere sotto controllo il disordine, rafforzare l’efficienza e favorire il progresso. Dall’altra parte, i critici dell’illuminismo hanno sostenuto una visione della scienza e della tecnica come attività libere dalla “diversità” e dalla contingenza, quasi che ciò confermasse l’ambizione dei padri fondatori dell’illuminismo e dei loro successori nel reprimere le differenze e nel controllare la società in nome di élite che si presentavano in modo disonesto come depositarie di politiche razionali modellate sulle scienze naturali. […] Sulla base di queste considerazioni, si può affermare che, fin dai primi tempi dell’era dell’elettricità, il principale strumento che si aveva a disposizione per incoraggiare la scienza e la tecnica è lasciare che una pluralità di esperti, attori e altre persone interessate interagissero liberamente tra loro e con i fenomeni naturali. La scienza e la tecnica sono infatti un gioco fortemente imitativo e competitivo, che implica uno sforzo costante di appropriazione e reinvenzione dei risultati e delle conquiste di altri.
(da G. Pancaldi, Volta. Science and Culture in the Age of Enlightenment, Princeton, Princeton University Press, 2003, pp. 286-288)
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