Storia del sentimento di sicurezza nell'occidente medievale e moderno

  • giovedì 12 Novembre 1998 - 17,30
Centro Culturale

Nella nostra cultura il bisogno di sicurezza (che vuol anche dire protezione sociale e diritto al lavoro) ha assunto tanta importanza da diventare un’ossessione; di qui la facilità con cui i mass media sfruttano ansie e paure. L’uomo moderno, almeno in Occidente, “non sopporta che certi pericoli non possano essere previsti, classificati, arginati” (J.-C. Chesnais, Les français sont-ils violents?, in “Le Monde du dimanche”, 7 agosto 1983). Non è forse eccessivo il posto occupato, nella nostra vita quotidiana, dalle provvidenze assicurative? Gli esperti sono inclini a pensare di sì. Come un’iperprotezione familiare diviene soffocante e finisce per generare ansietà, così la moltiplicazione delle varie forme di assicurazione tende a intorpidire, nell’adulto, la capacità d’iniziativa e la creatività. Non sarà necessaria, per sentirsi vivi, una certa dose di insicurezza? (…) Questi interrogativi mettono comunque in luce il posto che occupa, fra le nostre preoccupazioni, il bisogno di sicurezza, che non è necessariamente commisurato alle situazioni che lo provocano. (…)

Questa incursione nel presente non è tanto un accorgimento per catturare l’attenzione del lettore quanto un metodo di approccio ormai familiare alla storiografia contemporanea: per interrogare il passato prendiamo le mosse dalle nostre preoccupazioni di oggi. (…) Come ho fatto in tutte le mie opere precedenti, limiterò la mia indagine all’Occidente e al periodo che va dal XIV al XVIII secolo, per cercarvi una risposta alle domande che ci pone lo spazio occupato nella nostra vita quotidiana dal bisogno di sicurezza e dagli strumenti “rassicuranti” a cui quel bisogno ha dato vita.

Come soddisfacevano a quel bisogno i nostri antenati? In che modo dominavano le loro paure? Quali “sistemi di sicurezza” avevano messo in opera? Quali strumenti avevano trovati, in una determinata zona e in una determinata epoca storica, per proteggersi dalle angosce individuali e dai pericoli collettivi? Se anche non usavano parole come sécuriser, sécurisation, sécurisant, avevano bisogno anch’essi di rassicurarsi, individualmente e collettivamente. Ora che la psichiatria contemporanea ha messo in luce l’importanza delle terapie di gruppo – perché l’uomo è, anche, un animale sociale -, dobbiamo ritrovare nel passato i rituali collettivi che esorcizzavano, liberavano dal senso di colpa, rappacificavano, proteggevano, guarivano. Il confronto con il nostro vissuto ci suggerisce anche un’altra domanda: i nostri antenati, al principio dell’Età moderna, erano più protetti di noi contro il senso di insicurezza? Ed è cresciuto, nel corso dell’epoca che ci accingiamo a studiare, il bisogno di sicurezza? (…) Dovremo quindi appurare se, entro i limiti cronologici e spaziali che ci siamo prefissi, gli antichi dispositivi di sicurezza siano stati rinforzati, e se ne siano stati messi in opera dei nuovi, tanto sul piano individuale che a livello di masse. (…) Il senso di sicurezza ha una sua storia, e questa storia può aiutarci a conoscerci meglio.
(da Jean Delumeau, Rassicurare e proteggere, Milano, Rizzoli, 1992, pp.27-28)

Riferimenti Bibliografici


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– L. Febvre, Pour l'histoire d'un sentiment: le besoin de sécurité, in «Annales E.S.C.», XI, 1956, pp. 244-247;
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– K. Thomas, La religione e il declino della magia: le credenze popolari nell’Inghilterra del Cinquecento e del Seicento, Milano, 1985;*
– M. Vovelle, Mourir autrefois, Paris, 1974;
– M. Vovelle, La morte e l'Occidente dal 1300 ai nostri giorni, Roma-Bari, 1986. *

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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