Regia: Ruggero Cara
Assistente alla regia: Elisabeth Boeke
Installazioni sceniche: Rosanna Monti
Luci: Giulio Camporesi e Angelo Generali
Fonica: Claudio Morselli
Voce narrante, voce e chitarra: Shel Shapiro
Musiche eseguite dalla Shel Shapiro's band
Alessandro Giulini tastiere, fisarmonica, voce
Daniele Ivaldi chitarre
Luigi Mitola chitarre, dobro, mandolino
Mario Belluscio basso
Ramon Rossi batteria e percussioni
Produzione: Promo Music in collaborazione con Mittelfest 2007
Raccontare la storia di alcune generazioni, con lo strumento popolare delle canzoni, e con la voce e il volto di un protagonista che si presenta sul palcoscenico a evocare una storia con la sua stessa presenza: la voce, la chitarra, l'immagine anche fisica di Shel Shapiro rappresentano un esercizio mentale irresistibile, che serve per recuperare il clima di un'epoca, lo spirito del tempo, l'intera psicologia di chi ha attraversato i decenni dai primi anni Sessanta in poi.
Già, i Sessanta sono un decennio "seminale", in cui sembra essersi concentrata una creatività, una energia sociale, ma anche intellettuale, culturale, comportamentale, davvero irripetibile. Se pensiamo all'America di Bob Dylan, a una voce mai sentita prima che annuncia il tempo nuovo, che investe i grandi raduni civili e politici dell'età kennediana e post-kennediana, abbiamo una fotografia suggestiva del cambiamento. Ma prima dobbiamo avvertire anche l'eco delle canzoni e del surf dei Beach Boys, e subito dopo gettare uno sguardo sull'epoca in cui i festival e i grandi raduni raccolgono il mondo giovane, i beatnik, gli hippie, a Newport come a Woodstock.
Peace and Love, pace e amore, nel fango di Woodstock. E qualche anno prima la ballata elettrica e dolente di Dylan, «a hard rain's gonna fall». È la grande società che richiama inesorabilmente le note di The Way we Were, Barbra Streisand e Robert Redford come campioni ancora ingenui della rivoluzione democratica, quando non eravamo così cinici, e la politica era una speranza che davvero «the times, they are a-changin'», e che il mondo potesse veramente avere una svolta.
Ma nello stesso tempo dobbiamo anche pensare all'Europa e all'Italia di allora. All'Inghilterra delle "cavern", in cui emergono i "complessi", oggi diremmo le "band", che trasformano radicalmente il modo di fare musica e di stare insieme. Nell'immaginario musicale esplode il suono distorto del riff di Satisfaction, i Beatles impongono una specie di rivoluzione, in cui si sperimenta tutto. E intorno a loro, ai fondatori della musica nuova, si affollano i grandi epigoni, gli eredi del blues, gli Animals di Eric Burdon, i Them, gli Who.
Sullo sfondo di un mutamento impressionante, una società per molti versi "ingenua" sperimenta intanto per la prima volta il benessere di massa. E aspetta qualcosa. Anche in un'Italia che esce a fatica dalla sua arretratezza, cambiano le parole e le note, tira un'aria nuova, i simboli si svecchiano, le star cambiano volto. Va da sé che l'ambiente culturale e politico aspetta una rottura, che arriverà puntuale con il maggio francese e con il Sessantotto; ma prima ancora che sul piano politico la "rivoluzione" avviene nei comportamenti, nelle mode, nei pensieri collettivi.
Si vede una metamorfosi nel paesaggio umano. Cambia l'abbigliamento, si modificano in modo impressionante i comportamenti fra adulti e giovani, e le relazioni fra ragazzi e ragazze, l'eros guadagna stili nuovi: «Sapore di sale, sapore di mare, che hai sulle labbra, che hai sulla pelle». Si tratta di un cambiamento a suo modo "politico", ma in primo piano ci sono le emozioni, le suggestioni, c'è la sensazione che si stiano aprendo possibilità inedite. Qui da noi la musica assimila velocemente l'idea del cambiamento. Emerge la protesta, «come potete giudicar», «è la pioggia che va», «noi non ci saremo», «Dio è morto»: un sentimento che non è ancora programmatico ma è collettivo, condiviso, sentito da tutti come una specie di destino a cui si è chiamati, e che ciascuno interpreta alla propria maniera, ora festosa, ora arrabbiata, perché in ogni caso il mondo è giovane, può attendere anche se è impaziente.
Che cosa è rimasto di tutto questo? L'atmosfera degli anni Sessanta, o il "sogno" di quel decennio, illumina di una luce diversa anche i decenni successivi. I Settanta con l'impegno, i cantautori, il conflitto politico; gli Ottanta con il ritorno al privato, all'individualismo, e poi all'esplodere del capitalismo di massa, quando in Nove settimane e mezzo Mickey Rourke dice a Kim Basinger, che gli chiede che lavoro fa, «I make money by money», faccio i soldi con i soldi. Ma anche ascoltando gli U2, o il rock contemporaneo, viene il sospetto che quasi tutto sia nato allora, all'epoca dei Byrds e dei Pink Floyd, di Donovan e di John Lennon.
E allora vale la pena di raccontare questa storia, oltre quarant'anni di contemporaneità e di cambiamento, come se fosse una storia simultanea, in cui le canzoni contrappuntano i sentimenti e gli avvenimenti, fanno da sfondo, e talvolta diventano il decalogo, della trasformazione sociale e culturale in cui ci siamo trovati. Ascoltare una canzone, o riascoltarne un accenno, la strofa, l'inciso, le parole chiave, significa immergersi di nuovo nell'atmosfera in cui essa è nata, riviverne la memoria, riassaporare i pensieri e i sentimenti di allora e di oggi. E cercare nelle canzoni di oggi una consapevolezza altra, che ci aiuti a guardare al futuro.
"Stragi, sogni & rock'n roll", con le canzoni eseguite o solo accennate, le parole che suggeriscono l'idea di un mondo, e con l'effetto della musica eseguita dal vivo, e delle parole cantate da un protagonista che ricorda, con amore ma senza rimpianti, il tempo che abbiamo attraversato, è una conversazione rivolta al pubblico quasi come una confidenza, per indurlo a ricordare, a rimettere a fuoco, a rivivere. È una melodia in minore, senza retorica. Con un po' di inevitabile nostalgia, ma anche forte della consapevolezza di cui disponiamo oggi. Per dire come eravamo, e per vedere come siamo diventati, sapendo che quei tempi non torneranno, ma li si può fare rivivere, risentire, in modo che ci appartengano ancora, e che li sentiamo ancora nostri.
Edmondo Berselli
Shel Shapiro
All'inizio della sua attività di musicista in Italia, Shel Shapiro rappresentò, calcando i palcoscenici con grandissimo successo, la più efficace e credibile presenza "beat" nel panorama musicale nazionale. La "sua" musica è diventata colonna sonora di quelle generazioni ed oggi, ad oltre trenta anni di distanza, i suoi concerti riescono a catalizzare l'attenzione di un pubblico trasversale, dai "giovani" degli anni sessanta alle nuove generazioni che non hanno vissuto quei periodi ma che si sentono sempre più vicine a SHEL anche perché le parole di "Che colpa abbiamo noi" o "E la pioggia che va" restano di struggente attualità a dimostrazione che i miti vanno oltre la temporalità. Era l'epoca dei Rokes, quattro ragazzi inglesi che vendettero milioni di dischi e segnarono profondamente l'immaginario delle giovani generazioni di allora tra musica, costume, politica e società. Alcuni brani dei Rokes, per il loro contenuto concettuale e simbolico, fecero da ponte tra l'emozione della musica, il divertimento, e la presa di coscienza sociale di molti dei loro ascoltatori. Sciolti i Rokes nel 1970 Shapiro diventa uno dei più ambiti e ricercati operatori del "dietro le quinte" della canzone, come autore, arrangiatore e produttore di artisti italiani tra i quali: Mina, Rino Gaetano, Patty Pravo, Alberto Camerini, Riccardo Cocciante, Mia Martini, I Decibel di Enrico Ruggeri, David Riondino, Eugenio Bennato ed altri. Negli anni '80 Shel vive tra Miami, Città del Messico e Madrid dove produce con successo molti cantanti latino-americani. In questo complessivo campo di attività vende trentacinque milioni di dischi.
Al rientro in Italia realizza una significativa esperienza teatrale con "Backstage:Il grande sogno" uno spettacolo ideato insieme a Gianni Minà dove si percorreva, tra testi e musiche, il tragitto epocale della cultura musicale e non solo, del beat e del rock attraverso i percorsi e le esperienze dello stesso Shapiro. Poi si interessano di lui il cinema e la televisione, viene chiamato ad interpretare ruoli da protagonista e partecipazioni in produzioni cinematografiche e film per la TV tra cui, per la televisione: "Vento di Ponente"ed "Eldorado", per il cinema "Operazione Rosmarino" con Marco Della Noce e Anna Falchi e "Il nostro matrimonio è in crisi" diretto da Antonio Albanese. Esperienze non del tutto nuove visto che nel 1970 era stato diretto da Mario Monicelli in "Brancaleone alle Crociate". Dal 2003 Shapiro è direttore artistico di "Recanati Forever" una rassegna estiva voluta dal Comune di Recanati e sostenuta dalla "Fondazione Beniamino Gigli" e dal "Centro Mondiale per la Poesia Giacomo Leopardi" dove invita i più prestigiosi nomi della canzone italiana. Contemporaneamente Shel torna in concerto realizzando una tournèe estiva nel 2003 e nel 2004 che raccoglie nelle piazze una media di 5/6000 presenze a concerto per 50 serate. Sfuggito per sua determinazione ad operazioni di revival oggi Shapiro è, per i suoi percorsi artistici e creativi e per le diverse e molteplici esperienze, un artista maturo che trova amplificati il carisma e la personalità che lo hanno sempre caratterizzato. E' oggi in fase di progetto la realizzazione di un recital da tenersi nei teatri dove la parte musicale sarà accompagnata dalla parola. Shel è abitualmente incline durante i suoi concerti a stabilire un contatto anche verbale con il pubblico. La platea teatrale ben si presterà a un tipo di spettacolo che si collegherà alle radici musicali e culturali del lavoro di Shapiro intrecciando i percorsi musicali e creativi che lo caratterizzarono anche come fenomeno sociale e che si riflettono anche negli attuali flussi musicali e culturali. La trasversalità dei linguaggi musicali del progetto teatrale di Shapiro avrà sezioni acustiche ed elettriche, si avvarrà delle strumentazioni tipiche del rock ma anche di quelle provenienti da altre tradizioni colte e popolari, incontrerà un pubblico transgenerazionale e di diversa provenienza e formazione culturale, come già per altro si delinea il pubblico dei concerti estivi di Shel. Nel 2006, su richiesta di Dori Grezzi, Shel si è occupato dell'adattamento in lingua inglese di alcuni brani classici del repertorio di Fabrizio De Andrè, che sono stati presentati da Patty Smith insieme alla PFM e che la stessa Smith sta registrando per un nuovo album negli Stati Uniti.
Accanto a questi progetti, Shel ha continuato l'attività dei concerti live nell'estate 2007 in giro per l'Italia con il suo concerto acustico "Shel Shapiro's Visual Acustic Circus", ha debuttato al Teatro Comunale di Modena nell'ambito della rassegna "L'altro Suono", con grande successo di critica e pubblico, replicato al "Blue Note" di Milano il 5 giugno. A Milano il 3 giugno è stato la voce narrante di "Pierino e il Lupo" eseguito dall'Orchestra del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano diretta da Amedeo Monetti proprio al Conservatorio.
Il 18 luglio Shel Shapiro ha debuttato debutterà al Mittel Fest di Cividale di Friuli (UD) con un'opera teatrale scritta da Edmondo Berselli che unisce le parole di Edmondo alle musiche scelte da Shel e che segna il ritorno di Shel in veste di attore e cantante.
Filmografia completa
1965 "Rita, la figlia americana" per la regia di Piero Vivarelli con Totò e Rita Pavone
1969 "Don Camillo e i giovani d'oggi" con Fernandel e Gino Cervi
1970 "Brancaleone alle crociate" con Vittorio Gassman
2000 "Nebbia in Val Padana" con Cochi e Renato
2001 "Eldorado"
2001 "Giuda" con Danny Quinn
2002 "Operazione Rosmarino" con Marco Della Noce e Anna Falchi
2002 "Vento di Ponente" con Anna Kanakis e Serena Autieri
2002 "Il Nostro matrimonio è in crisi" con Antonio Albanese e Aisha Cerami
2005 "I Borgia" con Angela Molina, Paz Vega, e Maria Valverde
2006 "Il Giorno + bello" per la regia di Massimo Cappelli con Violante Placido e Fabio Troiano
Edmondo Berselli, direttore della rivista «il Mulino», è editorialista del quotidiano la Repubblica e del settimanale l'Espresso. Commentatore dei fatti sociali, politici, economici e culturali della storia italiana contemporanea, con i suoi contributi ha tracciato un ritratto della società italiana degli ultimi cinquant'anni coniugando l'esame delle forme di espressione artistica (in particolare la musica leggera) con la riflessione sui cambiamenti di costume, mentalità e ideologia. Tra i suoi ultimi libri: Post italiani. Cronache di un paese provvisorio (Milano 2003); Quel gran pezzo dell'Emilia. Terra di comunisti, motori, musica, bel gioco, cucina grassa e italiani di classe (Milano 2004); Il più mancino dei tiri (Milano 2006); Venerati maestri. Operetta immorale sugli intelligenti d'Italia (Milano 2006); Canzoni. Storie dell'Italia leggera (Bologna 2007).